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MANIPOLAZIONE DEGLI ALIMENTI E METODI DI COTTURA

11 Luglio 2024
MANIPOLAZIONE DEGLI ALIMENTI E METODI DI COTTURA

Prof. LUCA PIRETTA

Gastroenterologo e Nutrizionista

 Università Campus Biomedico di Roma

Quando analizziamo i benefici di una sana alimentazione e degli alimenti che la compongono prendiamo sempre in considerazione la composizione naturale degli stessi e gli effetti, benefici o nocivi che siano, che questi esercitano sullo stato di salute. Nella pratica quotidiana però, sia nella filiera produttiva che nella preparazione domestica dei piatti in cucina, gli alimenti possono subire modifiche anche consistenti del loro stato presente in natura. La trasformazione industriale degli alimenti deve soddisfare imprescindibili requisiti di sicurezza, conservazione, praticità, trasporto, distribuzione e palatabilità del prodotto affinchè il consumatore finale possa beneficiarne. Si tende sempre ad associare la manipolazione industriale degli alimenti a qualcosa di dannoso e negativo che può comportare esclusivamente perdita dei principi nutritivi e rischi per la salute. Ma è davvero così? Il livello di manipolazione di un alimento può essere valutato sulla base di classificazioni che misurano il grado di intervento nei processi di produzione del prodotto finale. La più nota è la classificazione NOVA (1).  Questa classificazione prevede quattro livelli di processazione:

  1. Cibi non trasformati o minimamente lavorati. Vi rientrano acqua, parti commestibili di piante (semi, frutti, foglie, steli, radici), funghi e alghe. Ma anche i prodotti di origine animale più semplici, come uova, latte, carni non lavorate.
  2. Ingredienti per la cucina domestica. Sono gli alimenti basilari per la preparazione e il condimento dei cibi. Oli e grassi, aceto e sale, zucchero, erbe aromatiche e spezie, etc. difficilmente si usano in assenza di alimenti del gruppo 1.
  3. Alimenti trasformati (processed food). Fanno parte di questo gruppo alimenti ottenuti con lavorazioni semplici. Pane, pasta, formaggi, carni e pesci nelle lavorazioni più semplici, conserve vegetali, verdure in lattina. Si trovano preparazioni con massimo 2 o 3 ingredienti.
  4. Alimenti ultraprocessati. Si tratta di preparati realizzati con più di 4 elementi e possono includere anche composti presenti negli alimenti minimamente trasformati come sale, grassi, oli, antiossidanti, conservanti, coloranti, dolcificanti e altri additivi per esaltare il sapore. Lo scopo di questi prodotti è quello di fornire piatti o bevande pronti per il consumo o semplici da riscaldare. Abitualmente sono oggetto di campagne di marketing e pubblicità. Esempi sono gli snack, barrette alimentari, piatti pronti, pizza o dolci precucinati, gelati preconfezionati, zuppe istantanee.

Sebbene esistano studi che sembrano mettere in correlazione gli alimenti del gruppo 4 (ultraprocessati) con una maggior rischio di patologie, siccome i processi di produzione di un alimento ultraprocessato sono così vari risulta impossibile e poco scientifico attribuire un’etichetta di non salubrità a tutti questi prodotti appartenenti a questa categoria al momento attuale. L’aggiunta di un additivo o la preparazione a monte di un alimento non necessariamente può essere collegata ad un rischio per la salute se non si tiene conto della qualità dell’alimento di partenza e del reale processo produttivo preso singolarmente. Per esempio, un trattamento ad alta temperatura può ridurre la presenza di qualche nutriente ma non necessariamente rende il prodotto pericoloso per la salute. Lo stesso si può dire per l’aggiunta di un conservante o per l’abbinamento di più alimenti nella preparazione di un piatto pronto. Vale poi sempre il discorso delle quantità, perché esistono alimenti che pur contenendo “naturalmente” sostanze pericolose il loro consumo abitualmente parsimonioso li rende estremamente sicuri. Un esempio è il basilico che, pur rientrando secondo la classificazione NOVA in classe 1 (naturale e pertanto considerato “sicuro”) contiene il metil eugenolo, sostanza possibilmente cancerogena secondo la classificazione IARC.

Anche i metodi di cottura influenzano i profili nutrizionali degli alimenti. Cucinare il cibo può presentare vantaggi (favorisce la sicurezza microbiologica, migliora la biodisponibilità di alcuni nutrienti come il licopene del pomodoro e la vitamina B dell’uovo, consente la digeribilità di amidi e proteine ecc.) o svantaggi (porta alla perdita di nutrienti e di vitamine termolabili e alla formazione di prodotti tossici in caso di alte temperature).

Quando prendiamo in esame un alimento valutiamo i nutrienti che abitualmente sono presenti al momento della raccolta in condizioni di piena stagionalità, della pesca o della macellazione, ma la cottura del prodotto modifica sostanzialmente la sua composizione o la disponibilità delle sostanze che contiene. Prendiamo per esempio la frittura. Anche quando rispetta i migliori criteri in termini di olio, durata, forma della padella e tempi di cottura, a causa delle alte temperature che si sviluppano in presenza dei grassi (presenti nell’olio o nel burro utilizzati o nell’alimento stesso) si verifica una reazione di perossidazione, con conseguente formazione di radicali liberi. Ecco che un pesce, ricco di omega 3 dagli effetti positivi, può trasformarsi in fonte di radicali liberi con la loro cattiva abitudine di “invecchiare” le cellule. Inoltre, se durante la frittura si raggiunge o supera il punto di fumo dell’olio o del burro si formano alcune sostanze come la acroleina, molto tossica per il fegato oltre che cancerogena. È dunque importante conoscere questa temperatura che è specifica per ogni tipo di olio o di burro, e come si può immaginare è più sicura quanto più alta essa sia perché più difficile da raggiungere. La frittura peraltro penalizza quasi tutte le verdure riducendo in modo rilevante il loro potere antiossidante, tranne cicoria, cavoletti di bruxelles, patate e carciofi (2).

Anche la cottura alla griglia della carne, a causa delle alte temperature, può favorire la denaturazione delle proteine e degli aminoacidi (rendendoli inutilizzabili), la formazione degli idrocarburi policiclici e la perossidazione dei grassi.

Gli zuccheri, con le temperature elevate, possono dare origine a sostanze  potenzialmente tossiche (come si verifica nella reazione di Maillard che dà origine alla crosta del pane e al suo profumo). Inoltre, alcune vitamine come la C e l’acido folico sono molto termolabili e con le cotture prolungate ad alta temperatura tendono a scomparire. Anche la maggior parte dei polifenoli sparisce con la cottura.

La cottura, d’altro canto, è indispensabile alla salute fondamentalmente perchè abbatte drasticamente il rischio di contaminazione degli alimenti da parte di batteri e funghi (basti pensare all’importanza della pastorizzazione, che consente il consumo del latte senza rischi di tubercolosi, brucellosi e altre infezioni).

Inoltre, la cottura permette la digestione da parte dei succhi gastrici di alimenti come la carne, il pesce, la pasta o il pane altrimenti inutilizzabili o potenzialmente pericolosi. Alcuni nutrienti, contrariamente a quanto si tenderebbe a credere, sono più facilmente utilizzabili dall’organismo dopo la cottura. Un esempio classico è rappresentato dalla vitamina B12 delle uova, che vede la propria biodisponibilità aumentare con la cottura grazie all’azione di quest’ultima nel favorire la scissione della vitamina dalla avidina, sostanza alla quale è legata.

Anche la biodisponibilità dei carotenoidi delle carote aumenta con la cottura perché questi si liberano della matrice che li lega. I carciofi grazie alle temperature della cottura aumentano di biodisponibilità di un carotenoide particolare, la luteina. 

La bollitura è il metodo che ne offre la maggiore disponibilità (quasi 10 volte di più) ma anche la frittura rende i carotenoidi dei carciofi più fruibili (4 volte di più). Per i broccoli invece la cottura non offre alcun vantaggio, anzi determina una perdita importante della vitamina C presente in abbondanza nel prodotto fresco.

Le antocianine e i flavonoidi in genere si perdono con la cottura. Il riso rosso può arrivare a perderne l’80% con la cottura a pressione.

Come possiamo vedere non esiste un metodo ottimale di cottura. La cottura degli alimenti in termini generali è molto utile per la salubrità e la digeribilità dell’alimento e dovrebbe riguardare prevalentemente i prodotti di origine animale. In questo caso cerchiamo di privilegiare le cotture a bassa temperatura e di breve durata. I prodotti vegetali invece tendono a dare il meglio per la nostra salute se consumati crudi anche se abbiamo visto non essere una regola.

Bibliografia

  1. Monteiro CA, Cannon G, Levy RB et al. NOVA. The star shines bright.
    Food classification. Public health] World Nutrition January-March 2016, 7, 1-3, 28-38 World Nutrition Volume 7, Number 1-3, January-March 2016 
  2. Pellegrini N, Miglio C, Del Rio D, Salvatore S, Serafini M, Brighenti F. Effect of domestic cooking methods on the total antioxidant capacity of vegetables. Int J Food Sci Nutr. 2009;60 Suppl 2:12-22. doi: 10.1080/09637480802175212. 

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