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BUONE PRATICHE PER EVITARE GLI SPRECHI ALIMENTARI 

9 Luglio 2024
BUONE PRATICHE PER EVITARE GLI SPRECHI ALIMENTARI 

Prof. LUCA PIRETTA

Gastroenterologo e Nutrizionista

 Università Campus Biomedico di Roma

Cosa intendiamo quando parliamo di sprechi alimentari? Per il Ministero della Salute, si definisce spreco alimentare “l’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano, sono destinati ad essere eliminati o smaltiti” Il Waste Watcher, International Observatory on Food & Sustainability nel suo action program (WRAP), includendo anche porzioni di cibo non commestibili (come risulta anche nella direttiva 2018/851 dell’Ue), distingue il food waste in:

  • evitabile (cibo e bevande finiti in spazzatura ma ancora edibili, come pezzi di pane, mele, carne, ecc.)
  • possibilmente evitabile (cibo e bevande che alcune persone consumano, per esempio le croste del pane, e altre persone no; ma anche il cibo che può essere consumato se cucinato, per esempio la buccia di patate)
  • inevitabile (ossi di carne, bucce d’uovo, d’ananas ecc.).

I numeri dello spreco in Italia sono impressionanti. Secondo una indagine pubblicata sul Corriere della Sera nel 2023 ogni anno in Italia vengono sprecati 8.65 milioni di tonnellate di cibo (1) con il 73% che si verifica in casa pari ad una perdita di 385 euro per ogni cittadino. 

Oggi circa un terzo del cibo prodotto in tutto il mondo viene sprecato. Si tratta di oltre 1,6 miliardi di tonnellate, a fronte delle 5,3 disponibili. Si stima che, salvando appena un quarto del cibo che diventa rifiuto alimentare, si potrebbe riuscire a nutrire a sufficienza coloro che soffrono la fame: 828 milioni di persone (+5,6% rispetto al 2020 e +22,1% rispetto al 2019).

Vediamo quali sono le principali cause dello spreco alimentare.

  1. Insufficiente pianificazione della spesa alimentare
  2. Attività promozionali commerciali (per esempio paga uno e prendi due)
  3. Confusione tra data di scadenza e termine minimo di conservazione (da consumarsi preferibilmente entro…)
  4. Scarsa dimestichezza nella preparazione dei cibi
  5. Scarsa praticità delle confezioni (difficilmente svuotabili o troppo grandi)
  6. Giudizio sbagliato dell’aspetto estetico dell’alimento
  7. Porzioni standard e poco adatte a tutti i consumatori
  8. Scarsa capacità di prevedere il numero dei consumatori (soprattutto nella ristorazione collettiva) in particolare per prodotti stagionali
  9. Difetti di packaging
  10. Inadeguata conservazione (soprattutto a livello domestico) o trasporto (mancato rispetto della catena del freddo)
  11. Mancata consapevolezza del rischio e dei costi dello spreco alimentare e del valore del cibo
  12. Vita frenetica e scarsa programmazione alimentare domestica

Come si può osservare oltre ad alcune cause legate al packaging o a previsioni di consumo su larga scala, la maggior parte delle cause dello spreco alimentare avviene in ambito domestico e appare evidente come una corretta campagna di educazione e consapevolezza potrebbe avere un impatto enorme sulla riduzione degli sprechi alimentari. A livello collettivo il Ministero della salute nel 2016, in condivisione con le Regioni e province autonome, ha elaborato delle linee guida per limitare gli sprechi nelle mense scolastiche e aziendali (2). Tutti gli attori devono svolgere il loro ruolo nel tentativo di ridurre lo spreco alimentare, dai produttori a chi processa gli alimenti, ai consumatori e alle autorità regolatorie e di sorveglianza.  Il Ministero della Salute ha stilato un elenco di consigli volti a ridurre lo spreco (3) che partono dalla pianificazione dei pasti prima di fare la spesa così da andare al supermercato con un programma studiato, in modo da limitare le improvvisazioni che possono più facilmente condizionare gli acquisti in base all’appetito, alle offerte, alle presentazioni pubblicitarie accattivanti e alle modalità di presentazione sugli scaffali. È fondamentale, al momento dell’acquisto, leggere le etichette per valutare la previsione dei consumi in funzione delle scadenze dei prodotti. Arrivati a casa, una regola da seguire con molto rigore è quella di disporre correttamente in frigorifero o nella dispensa gli alimenti appena acquistati seguendo una certa razionalità. Questo significa non solo collocare gli alimenti nei ripiani e nei comparti dedicati per garantire una corretta conservazione in base alle differenti temperature, ma cercando di mettere davanti, in prima vista, gli alimenti più vicini alla data di scadenza e gli altri, appena acquistati, dietro. Il consumatore deve prestare molta attenzione alla differenza tra “data di scadenza” che indica il limite oltre il quale il prodotto non deve essere consumato, e “termine minimo di conservazione” che indica che il prodotto, oltre la data riportata, può subire modifiche di alcune caratteristiche organolettiche come il sapore e l’odore ma può essere consumato senza rischi per la salute. Deve inoltre adottare l’accortezza, nel caso di utilizzo di confezioni non richiudibili, di riporre gli alimenti avanzati in contenitori ermetici per mantenere la freschezza e le proprietà organolettiche più a lungo possibile, garantendo inoltre un certo isolamento così da evitare di trasferire o ricevere odori da altri alimenti conservati in prossimità. La frutta e la verdura vanno tenute in bella vista e quando cominciano a mostrare segni di “invecchiamento” possono essere usate per preparare frullati, minestroni, zuppe o torte (dolci o salate). Infine, è importante che il consumatore usi tutta la sua fantasia per preparare ricette che possano sfruttare al massimo gli alimenti conservati prima che perdano la loro fragranza e soprattutto tenendo conto delle porzioni che intende preparare analizzando se tra i commensali ci siano bambini, anziani o persone inappetenti o a dieta per qualunque motivo (di salute o per dimagrire). A volte anche solo osservare i rifiuti prodotti in casa può sensibilizzare il consumatore e renderlo più consapevole dei suoi sprechi alimentari.

Referenze

  1.   Sprechi alimentari, a ogni italiano costano 385 euro all’anno
  2.   Linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere,  sociali  e  di comunità, al fine di prevenire e ridurre  lo  spreco  connesso  alla somministrazione  degli  alimenti
  3.   Regole utili

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