Prof. LUCA PIRETTA
Gastroenterologo e Nutrizionista
Università Campus Biomedico di Roma
Il caffè, la bevanda nazionale italiana per eccellenza, secondo un’indagine condotta da AstraRicerche risulta essere la bevanda più diffusa in Italia. Tra i 18-65enni ben il 96,6% consuma, almeno saltuariamente, caffè o bevande a base di caffè o che lo contengono; nessuna variazione rispetto alla rilevazione precedente del 2014 che riscontrava il 96,5%.
I comportamenti più diffusi sono bere 2-3 caffè al giorno (38.2%) o 3-4 al dì (38.3%) con una media di poco inferiore ai tre (2,75: il consumo è lo stesso per uomini e donne mentre cresce al crescere dell’età, è più elevato nel Sud e nelle grandi città.
Il caffè continua ad essere consumato prevalentemente a casa propria (90,3% ed era 89,4% nel 2014), ma sono molteplici i luoghi in cui lo si beve.
Il caffè contiene oltre 900 sostanze, la più studiata delle quali è la caffeina. Sono però presenti anche proteine, lipidi, carboidrati (solubili ed insolubili), minerali, vitamine e soprattutto polifenoli con importanti proprietà antiossidanti. La tostatura cui il caffè è sottoposto può ridurre la presenza o l’attività di molte di queste sostanze. Tra i principali antiossidanti presenti nel caffè si trovano i polifenoli, presenti oltre che nel caffè anche in una grande varietà di alimenti, in particolare nella frutta e nella verdura. I polifenoli sembrano agire non solo come antiossidanti ma anche come attivatori di meccanismi protettivi endogeni dell’organismo.
Tra le azioni attribuibili ai polifenoli del caffè va ricordato l’effetto antinfiammatorio, ritenuto oggi essenziale per la prevenzione cardiometabolica (aterosclerosi, diabete), ma anche nei confronti di patologie degenerative di natura oncologica e neurologica (demenze). Sembra che ai polifenoli del caffè si possa attribuire anche una riduzione della capacità digestiva dei carboidrati complessi, come gli amidi, in di- e mono-saccaridi, che ridurrebbe i picchi glicemici e insulinemici post-prandiali: l’effetto sarebbe mediato dall’inibizione dell’alfa-amilasi, enzima intestinale che digerisce gli amidi di pasta, pane e patate. I polifenoli del caffè influenzerebbero infine la composizione del microbiota intestinale con effetti positivi da un punto di vista prebiotico a favore dello sviluppo di batteri utili all’organismo.
La sostanza che a tutti viene subito in mente appena si parla di caffè è la caffeina. La caffeina (presente anche nel tè, nel cacao ed aggiunta ad alcune bibite) ha effetti noti sul sistema nervoso centrale, con aumento dello stato di allerta e riduzione della tendenza al sonno; migliora l’efficienza muscolare, induce un transitorio aumento della frequenza cardiaca ed il rilassamento di bronchi e bronchioli. Inoltre, la caffeina sembra avere un ruolo importante nella salvaguardia della memoria come si evidenzia in uno studio pubblicato su Scientific Reports in collaborazione tra l’Istituto di Medicina Molecolare di Lisbona e l’Inserm di Lille (Francia) che dimostra che la caffeina antagonizza specifici recettori adenosinici, gli A2A, iperespressi in presenza di decadimento cognitivo.
Per la presenza di importanti quantità di caffeina i pediatri raccomandano di non dare caffè ai bimbi sotto i 12 anni, nei quali può provocare comportamenti iperattivi, diminuzione dell’appetito, difficoltà ad addormentarsi, palpitazioni, tachicardia ed enuresi notturna. Dopo i 12 anni è permessa una tazzina al giorno, ma non di sera perché potrebbe provocare disturbi del sonno.
Il contenuto di caffeina nella tazza varia in funzione della modalità di preparazione. Ma, come si vede dalla tabella, questa differenza può essere azzerata o addirittura invertita dalla quantità di bevanda ingerita.
CONTENUTO DI CAFFEINA PER DOSE DI BEVANDA | |
Espresso o moka | 40-80mg per tazzina |
Caffè americano | 115-120 mg per tazza |
Caffè istantaneo | 65-100 mg per tazza |
Decaffeinato | < 5mg per tazzina |
Cappuccino | 70-80 mg per tazza |
Cioccolata | 30-40 mg per barretta da 60gr. |
Tè | 40-50 mg per tazza |
Bevande tipo cola | 35-50 mg per lattina |
Bibite energetiche con caffeina o guaranà | 50-100 mg per lattina |
Sebbene nel caffè americano la caffeina sia meno concentrata che nell’espresso, data la maggior quantità di bevanda che si ingerisce, alla fine la quantità assunta è maggiore nel primo.
Nel caffè decaffeinato gli effetti benefici dei polifenoli rimangono, si perdono però gli effetti stimolanti sul SNC della caffeina.
Da notare che la capacità di metabolizzare la caffeina e regolata geneticamente e inoltre, essendo questa un induttore enzimatico, i suoi effetti siano sono molto differenti tra consumatori occasionali (maggiore frequenza di tremori, insonnia, nervosismo, insonnia) e abituali (dove gli effetti collaterali sono quasi assenti) perché la sua possibilità di essere eliminata dall’organismo aumenta con la frequenza del consumo.
Vediamo quali sono gli effetti del caffè sull’organismo:
1. Caffè e rischio patologie cardio-vascolari
Il caffè esercita un effetto protettivo non lineare rispetto al rischio di malattie cardiovascolari. In dettaglio, il rischio di patologie cardiovascolari è inferiore nei soggetti che consumano 3-5 tazze al giorno, rispetto ai non consumatori; il consumo di 6-10 tazze non aumenta il rischio cardiovascolare, ma oltre le 10 tazze giornaliere questo rischio aumenta.
Attenzione: il caffè fa aumentare la pressione arteriosa. Pertanto, gli ipertesi devono usarlo con parsimonia
2. Caffè e apparato gastro-intestinale
Le xantine contenute nel caffè hanno un effetto irritante sulla mucosa gastrica ed effetti inibitori sullo sfintere inferiore dell’esofago, il che accentua il reflusso gastroesofageo. Tuttavia, in positivo, il caffè esercita un ruolo protettivo sulla permeabilità della barriera intestinale grazie all’azione positiva sul microbiota, soprattutto nel caso di una dieta ricca in grassi.
3. Caffè e salute del fegato
Contrariamente a quanto si crede, il caffè nero protegge il fegato. Bere due tazze supplementari di caffè al giorno comporta una riduzione del 44% del rischio di sviluppare cirrosi epatica di qualsiasi natura (da virus, alcol, steatosi, ecc.).
4. Caffè e diabete mellito
L’analisi di numerosi studi sul rapporto tra caffè e diabete pubblicata come review dal titolo “Coffee consumption and reduced risk of developing type 2 diabetes: a systematic review with meta-analysis”1 ha evidenziato che il consumo di caffè – sia decaffeinato che con caffeina – riduce il rischio di sviluppare diabete di tipo 2 di circa il 30%. Una relazione di notevole interesse, vista la crescente diffusione mondiale della malattia, associata a numerose complicanze ad alto impatto economico e sociale sia sull’individuo che sul sistema sanitario. In questa pubblicazione sono stati analizzati 30 studi scientifici su una popolazione complessiva di oltre 1,2 milioni di persone per meglio comprendere come il consumo di caffè influisca sullo sviluppo del diabete di tipo 2 e delle complicanze ad esso associate. L’associazione risulta essere dose-dipendente: il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 diminuirebbe, rispettivamente, del 7% (in caso di caffè con caffeina) e del 6% (in caso di caffè decaffeinato) per tazza al giorno. In particolare, la riduzione del rischio di diabete di tipo 2 di nuova insorgenza sembra essere leggermente maggiore con il caffè non decaffeinato. I meccanismi biochimici della bevanda che intervengono sul rischio di diabete di tipo 2 sembrano essere legati alle sostanze antiossidanti contenute nel caffè in grado di ridurre lo stress ossidativo, associato, oltre che a numerosi effetti avversi sulle funzioni cardiovascolari, metaboliche e renali, anche all’insorgenza di diabete di tipo 2.
5. Caffè, demenze (Alzheimer) e malattie neurodegenerative
Già in passato alcuni lavori avevano dimostrato le proprietà del caffè nel potenziare la memoria a lungo termine (ad esempio una ricerca pubblicata su Nature Neuroscience nel 2014). Più recentemente, i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Gerontology, suggeriscono che circa tre caffè (espresso) al giorno (pari a un consumo di circa 261 milligrammi di caffeina) potrebbero proteggere dalla demenza. Rispetto a chi consuma non più di 64 milligrammi di caffeina al giorno (che grosso modo è pari a un espresso – il cui contenuto in caffeina varia da 47 a 75 mg – o a metà di una caffettiera da due tazzine di moka) – coloro che ne consumano 261 milligrammi al giorno presentano un rischio di ammalarsi di demenza o di deficit cognitivo ridotto del 36%.
Un consumo moderato di caffè in età adulta sembra incidere positivamente sulle demenze, tra cui l’Alzheimer.
6. Caffè, salute mentale e disordini psichiatrici
Il caffè sembra influire positivamente anche su salute mentale e disordini psichiatrici, diminuendo i sintomi depressivi e il rischio di suicidi, in particolare nelle donne. Effetto che sembra attribuibile alla caffeina.
7. Interazione caffeina-farmaci
La caffeina amplifica l’attività di alcuni farmaci per la cura dell’asma (broncodilatatori). In secondo luogo, provocando un aumento della frequenza cardiaca, interagisce negativamente con alcune terapie antipertensive. Può inoltre interagire negativamente con alcuni farmaci per la cura l’insonnia.
Alcuni antibiotici, poi, incrementano il livello di caffeina in circolo nell’organismo. In questi casi sarebbe opportuno ridurre la quantità ingerita nell’arco della giornata.
La caffeina interagisce anche con alcuni farmaci utilizzati in ambito psichiatrico, aumentando il rischio di effetti collaterali.
Infine, il caffè interferisce con l’assorbimento della levotiroxina
8. Il caffè NON serve per dimagrire
Il caffè non serve per dimagrire. Ad alte dosi, può anche portare perdita di peso ma per una condizione patologica di iperattività e ipermetabolismo, e comporta il rischio di gravi effetti collaterali.
9.Il caffè e lo sport.
Una review pubblicata nel 2019 suggerisce che l’assunzione di caffeine migliora le performance sportive in un’ampia gamma di attività, sebbene quelle a trarne il maggior beneficio sono quelle aerobiche. Gli effetti ergogenici sono evidenti sulla resistenza e forza muscolare, sulla potenza anaerobica e sull’endurance aerobica.