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Transizione digitale e green, tutela del Made in Italy e food security i temi al centro della partnership

Parma, 29 marzo 2023. È stata avviata oggi a Parma, in occasione di Cibus Connect, la collaborazione fra tre progettualità d’eccellenza per la ricerca agroalimentare nazionale: il Partenariato Esteso ONFOODS e il Centro Nazionale AGRITECH, i due nuovi network del PNRR, e il Cl.uster A.grifood Nazionale CL.A.N., la rete del Cluster nata nel 2012 e riconosciuta dal MUR nel 2019 quale advisor delle Istituzioni sui temi della Ricerca e Innovazione nel settore agrifood.

Prestigiosi istituti universitari e di ricerca, aziende, associazioni e rappresentanze territoriali raggruppati nelle tre realtà pubblico-private intendono lavorare assieme per promuovere la transizione green e digitale, rendere la prima filiera economica del Paese più competitiva e resiliente, tutelare e promuovere il Made in Italy alimentare e vincere la sfida della Food security, promuovendo sistemi agroalimentari più sostenibili economicamente, socialmente e dal punto di vista ambientale.

Le tre aggregazioni si connetteranno, come ribadito dal Direttore dell’Unione Industriali di Parma Cesare Azzali, anche con l’iniziativa del World Food Research and Innovation Forum per portare il confronto sulle priorità globali nel campo dell’alimentazione a livello internazionale.

“Il Cluster CL.A.N. – afferma il Presidente Mauro Fontana – ha guardato da subito con grande interesse ai nuovi progetti PNRR del MUR, ritenendo importante avviare con loro una collaborazione costruttiva e promuovere un gioco di squadra a servizio di un settore che rappresenta, con oltre 500 miliardi di fatturato e quasi 4 milioni di occupati, un asset fondamentale per l’economia del Paese”. “La Ricerca e l’Innovazione – aggiunge il Presidente Fontana – sono la chiave per rispondere alle esigenze dei consumatori, sempre più attenti a Made in Italy, Ambiente e Salute, sviluppando prodotti e processi innovativi, ma nel rispetto delle tradizioni e del legame con il territorio che rendono unico il nostro modello alimentare”.

“È importantissimo che progetti come AGRITECH E ONFOODS – dichiara il Prof. Daniele Del Rio, coordinatore del progetto ONFOODS e Professore Ordinario di Nutrizione Umana dell’Università di Parma – si incontrino e si presentino insieme di fronte alle realtà produttive del settore, con l”aiuto e il coordinamento del CL.A.N., per raccontare il contenuto della propria ricerca. Solo tramite l”interazione tra queste iniziative trasversali e composite destinate all”agroalimentare e le aziende del settore si potrà mettere in atto un cambio di paradigma e far veramente evolvere l”intero settore food”.

“È di fondamentale importanza – commenta il Prof. Danilo Ercolini, Professore ordinario di Microbiologia e Direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, nonché referente scientifico di Agritech – rendere le imprese consapevoli dei grossi sforzi di ricerca che sono in atto nel nostro Paese in tema di agroalimentare, il finanziamento a disposizione per il PNRR è senza precedenti e ci auguriamo possa portare il settore agroalimentare italiano molto avanti nel panorama internazionale dell’innovazione”.


CLUSTER CL.A.N. (Cl.uster A.grifood N.azionale CL.A.N.) è un’Associazione multistakeholder nel settore Agrifood che aggrega oltre cento soggetti tra Imprese, Associazioni di categoria, Università, Organismi di ricerca e Rappresentanze territoriali.

Nato sotto il coordinamento di Federalimentare e ART-ER, in risposta all’Avviso MIUR del 2012 per lo sviluppo e il potenziamento di Cluster Tecnologici Nazionali, il CL.A.N. ha lo scopo di promuovere, difendere e incrementare lo sviluppo sostenibile della filiera agroalimentare, attraverso lo stimolo dell’Innovazione, l’accesso e la valorizzazione dei risultati della Ricerca, la creazione di nuove competenze, la collaborazione tra Ricerca, Imprese e Amministrazione pubblica.

Dal 2019 il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), diventato dal 2020 Ministero dell’Università e Ricerca (MUR), riconosce al Cluster CL.A.N il ruolo di interlocutore unico nella relazione con le Istituzioni nazionali ed europee in materia di Ricerca e Innovazione per il sistema agroalimentare.

La Fondazione ONFOODS (Research and innovation network on food and nutrition Sustainability, Safety and Security) si inserisce all’interno di uno dei 14 partenariati previsti dal PNRR, nell’area tematica “Modelli per un’alimentazione sostenibile”, e prevede un finanziamento agli enti aderenti nella misura di 114,5 milioni di euro destinati ad attività progettuali di ricerca fondamentale, industriale e di sviluppo sperimentale per portare valore alla filiera alimentare e alla comunità.

La Fondazione raggruppa 26 realtà dell’agroalimentare (7 aziende private, 12 Enti vigilati dal Ministero dell’Università e della Ricerca e 7 Università e Istituti di Ricerca non vigilati dal MUR), con l’obiettivo comune di promuovere un nuovo modello di alimentazione sostenibile unico e distintivo.

L’Università di Parma è capofila ed ente proponente della Fondazione che si struttura in 7 spoke coordinati dai seguenti Enti: Università degli Studi di Parma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Università degli Studi di Milano, Università di Napoli Federico II, Università degli Studi di Pavia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Il Centro Nazionale per lo sviluppo delle Nuove Tecnologie in Agricoltura AGRITECH è un progetto basato sull’utilizzo delle tecnologie abilitanti per lo sviluppo sostenibile delle produzioni agroalimentari, con l’obiettivo di favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione dell’impatto ambientale nell’agrifood, lo sviluppo delle aree marginali, la sicurezza, la tracciabilità e la tipicità delle filiere.

Il progetto, che vale circa 350 milioni di euro di cui 320 milioni a carico del PNRR, raggruppa 28 Università, 5 centri di ricerca e 18 imprese. Il Centro Agritech nasce con l’ambizione di combinare le migliori competenze scientifiche per rendere l”industria agroalimentare italiana più competitiva e sostenibile.

L’Università Federico II è l’ente promotore del Centro Nazionale Agritech, che sarà strutturato secondo l’impostazione Hub&Spoke, con un coordinamento a Napoli e 9 nodi di ricerca equamente distribuiti tra il Nord, il Sud e il Centro Italia. I coordinatori dei 9 spoke sono: Consiglio nazionale ricerche, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Università degli studi di Bari, Università degli studi di Milano, Università di Bologna, Università di Padova, Università di Siena, Università degli studi della Tuscia, Università degli Studi di Napoli Federico II.

Il paper sulle nuove tecniche genomiche: produrre di più in maniera più sostenibile. Oggi l’evento organizzato da Cluster Agrifood Nazionale e CREA

Roma, 14 marzo 2023 – Le TEA sono radicalmente diverse dagli OGM e necessitano di una legislazione ad hoc: questa la richiesta che la filiera agroalimentare – dall’agricoltura all’industria – rivolge alle istituzione europee, che saranno chiamate ad esprimere un parere a giugno, quando la Commissione prevede di presentare un progetto di normativa in relazione alle Tecniche di Evoluzione Assistita, quelle tecniche di biologia sviluppate negli ultimi 10 anni che consentono di correggere il DNA delle piante e quindi di selezionare caratteri specifici utili per l’agricoltura che difficilmente sarebbero ottenibili con altri metodi.

Differenza con gli OGM. La grande differenza rispetto agli OGM transgenici è che le piante ottenute con le TEA non contengono DNA di altri organismi: il patrimonio genetico utilizzato è unicamente quello delle piante stesse. Le TEA, cioè, non fanno altro che replicare processi che potrebbero avvenire in natura, mentre nel caso di OGM transgenici il passaggio può avvenire anche tra regni diversi, ad esempio tra batteri e piante. Gli OGM sono inoltre molto costosi da ottenere, richiedono tempi lunghi (sia a livello di ricerca che di validazione) e non assicurano un livello di precisione paragonabile a quello delle TEA.

La filiera agroalimentare insieme per le TEA. Su queste basi, per la prima volta, i rappresentanti del mondo produttivo, della ricerca e delle istituzioni si sono incontrati per promuovere un sistema pubblico-privato di miglioramento genetico basato sulle tecnologie genomiche più avanzate, strategico per adeguare l’agroalimentare nazionale al futuro e mantenere la sostenibilità e la competitività del comparto del food&beverage nazionale. Durante l’evento, che si è svolto stamattina a Roma, è stato illustrato il position paper “Nuove tecniche genomiche genome editing e cisgenesi” elaborato dal Cluster Agrifood Nazionale (l’associazione riconosciuta dal Ministero dell’Università e della Ricerca che aggrega Imprese, Associazioni di categoria, Università, Organismi di ricerca, Enti di Formazione e Rappresentanze territoriali che operano nel settore Agrifood), dal CREA e da Federchimica Assobiotec.

Sostenibilità e produttività. Il position paper illustra le potenzialità delle TEA all’interno di un contesto agricolo italiano sempre più messo a dura prova dagli effetti del cambiamento climatico e dalla necessità di migliorare la resistenza alla siccità e alle avversità, assicurando al contempo qualità e produttività più elevate e spiega come le TEA possano contribuire ad accrescere la sostenibilità della nostra agricoltura e a produrre alimenti più salutari, in linea con gli obiettivi dell’European Green Deal e delle strategie Farm To Fork e Biodiversity.

Alla politica. Su queste basi, vengono stilate alcune raccomandazioni affinché l’Italia sappia cogliere questa opportunità e, a tal fine, vengono suggerite agli attori della politica tre azioni: consentire la sperimentazione in campo delle TEA in tempi brevi, poiché le TEA sono radicalmente diverse dagli OGM di una volta, non possono essere normate allo stesso modo; rilanciare un programma di ricerca sulle biotecnologie pulite per l’agricoltura di domani, dato che nei prossimi mesi è atteso un cambiamento del quadro autorizzativo a livello europeo e sarebbe grave se l’Italia non si presentasse all’appuntamento con un adeguato programma di investimento; predisporre strumenti di trasferimento tecnologico dei risultati dalla ricerca al mondo produttivo, coinvolgendo anche le industrie private, in modo da rinnovare il panorama varietale e renderlo idoneo al nuovo scenario climatico.

La ricerca sulle TEA in Italia. Negli ultimi anni il sistema scientifico italiano sia attraverso il progetto BIOTECH, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura e coordinato dal CREA, sia mediante altre iniziative, ha sviluppato conoscenze avanzate nell’ambito delle TEA relativamente alle più importanti specie agricole italiane (frumento, riso, pomodoro, vite, melo, agrumi, ecc). Questo lavoro, che ha portato alla selezione di piante di volta in volta resistenti alle malattie, agli stress abiotici e/o con migliori caratteristiche qualitative e con potenzialità produttiva più elevata, è rimasto fino a oggi confinato nei laboratori. Le piante già selezionate con le TEA e quelle che saranno selezionate nei prossimi anni costituiscono una grande opportunità per l’agricoltura italiana – basti solo pensare alle perdite causate dalla siccità – purché però ci sia la possibilità di testarle in campo, un’opzione al momento preclusa.


Dichiarazioni:

Presidente del Cluster CL.A.N., Mauro Fontana. “Le emergenze globali che siamo chiamati ad affrontare sono ben evidenziate dai 17 Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite e nelle strategie della Commissione europea. Sintetizzando, la sfida sarà di trovare un compromesso tra l’aumento di produzione di cibo per combattere la denutrizione che affligge la popolazione di gran parte dei Paesi in via di sviluppo e rispondere alle future esigenze connesse alla crescita demografica, con uno sviluppo ambientale, sociale ed economico sostenibile, facendo fronte al Climate Change. L’Italia, per la sua stessa conformazione geografica, rischia di subire in misura maggiore gli effetti del cambiamento climatico connessi alla perdita di coltivazioni in cui è leader qualitativo, o comunque un abbattimento delle rese in generale, dovuto a scarsità d’acqua e incremento delle fitopatologie. Le Tecniche di Evoluzione Assistita – TEA, adeguatamente controllate in modo da garantire che non comportino rischi per la salute, saranno strategiche per migliorare la resistenza delle coltivazioni allo stress idrico e alle patologie vegetali, garantendo lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile e rigenerativa, in linea con le nuove esigenze ambientali, ma anche a favore di una produttività e redditività sostenibile per l’intera filiera agroalimentare italiana”.

Direttore Generale del CREA, Stefano Vaccari. “I maggiori progressi dell’agricoltura, e quindi dell’uomo, sono sempre stati accompagnati dai progressi nella genetica. Oggi la sfida è produrre di più con meno: meno mezzi tecnici, meno acqua, meno energia, meno Co2. Senza nuove varietà, più performanti e resilienti, la sfida agricola è persa. Le Tecniche di evoluzione assistita sono decisive per consentire ai prodotti di qualità italiani di rimanere competitivi nella tipicità. Il CREA ha pronte decine e decine di varietà da sperimentare in campo – uve da vino e da tavola, pomodori, melanzane, mele, grani – ma i nostri ricercatori sono bloccati dalla legge. Autorizzare subito la sperimentazione di queste varietà è indispensabile per mantenere la competitività del made in Italy”.

Vice Presidente di Federchimica Assobiotec, Elena Sgaravatti. “Le biotecnologie hanno dimostrato di poter contribuire in modo significativo alla soluzione di problemi tanto complessi e di drammatico impatto quanto improvvisi: la rapida disponibilità dei vaccini Covid ne è un esempio. Oggi siamo di fronte ad una nuova importante sfida globale: quella di nutrire un numero sempre più alto di persone, auspicabilmente meglio in termini nutrizionali e in un contesto ambientale e climatico che innanzitutto va compreso e che dobbiamo rispettare. L’intera filiera agrifood nazionale è concorde nel chiedere che anche in Italia, così come già avviene in diversi Paesi, la ricerca sulle TEA dal laboratorio venga sperimentata anche in campo. Con il Cluster CL.A.N. e il CREA, Assobiotec ha lavorato alla redazione di un Position Paper che rende chiaro lo straordinario potenziale di queste tecnologie biotech. Ci auguriamo che la politica nazionale possa presto ascoltare questo nostro appello”.

Presidente di Assosementi, Eugenio Tassinari. “Assosementi ritiene che le TEA siano uno strumento indispensabile per consentire all’agricoltura italiana di rimanere competitiva, assicurando qualità e sostenibilità delle produzioni in uno scenario di crescente incertezza. Auspichiamo che presto venga introdotto un quadro normativo chiaro che non preveda una diversa regolamentazione per varietà ottenute attraverso l’utilizzo delle TEA nei casi in cui queste risultino analoghe a quelle ottenute mediante metodi di breeding tradizionali o attraverso processi naturali. Riteniamo fondamentale il Position Paper che sottolinea l’importanza di una valutazione dei prodotti TEA basata su elementi scientifici e non emozionali.”

Presidente di Coldiretti Sicilia e Membro di Giunta esecutiva di Coldiretti, Francesco Ferreri. “Si tratta di un’opportunità per la valorizzazione della nostra distintività, la salvaguardia della biodiversità e la tutela del Made in Italy” ha affermato Francesco Ferreri componente di giunta della Coldiretti nel precisare che “Oggi l’agroalimentare allargato vale 580 miliardi di euro, la prima ricchezza del Paese. Ma per far fronte alle sfide attuali e future ed essere competitivi sui mercati esteri è necessario investire in infrastrutture irrigue, introdurre innovazione con nuove tecnologie e cisgenetica. La nostra scommessa – precisa Ferreri – è di estendere la loro applicazione anche alle piccole aziende. In tal senso – conclude Ferreri – riteniamo opportuno un intervento rapido delle istituzioni europee che ponga fine a dubbi o incertezze”.

Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Non è assolutamente in discussione la continuità del processo verso un’agricoltura sempre più sostenibile sotto il profilo ambientale, ma la sicurezza alimentare deve restare l’obiettivo centrale del nostro settore. La via da seguire non è quella dei divieti proposta dalla Commissione” – sottolinea il Presidente Massimiliano Giansanti – “Grazie alla ricerca, occorre invece mettere a disposizione degli agricoltori valide alternative. In primo luogo, la Commissione dovrebbe accelerare le procedure per l’inquadramento nell’ordinamento europeo delle tecniche di evoluzione assistita (TEA) per il miglioramento genetico, che consentono di salvaguardare il potenziale produttivo con una minore pressione sulle risorse naturali”.

Presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino. “Qualora le Tecniche di Evoluzione Assistita consentiranno di migliorare la varietà e la produttività e di contribuire a un sistema alimentare più sostenibile” – ha affermato oggi Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare – “l’industria alimentare italiana non potrà che essere interessata a valutarne le eventuali opportunità di sviluppo, naturalmente con la massima attenzione alla validazione dell’assoluta garanzia di sicurezza alimentare per il consumatore e di una idonea e trasparente comunicazione.” Poi ha aggiunto: “i recenti sviluppi normativi di apertura a livello UE e, soprattutto, il consenso della comunità scientifica nazionale, espresso nel Position Paper presentato oggi, costituiscono tappe fondamentali del processo di valutazione di queste nuove biotecnologie”.

Il paper sulle nuove tecniche genomiche: produrre di più in maniera più sostenibile. Oggi l’evento organizzato da Cluster Agrifood Nazionale e CREA

Roma, 14 marzo 2023 – Le TEA sono radicalmente diverse dagli OGM e necessitano di una legislazione ad hoc: questa la richiesta che la filiera agroalimentare – dall’agricoltura all’industria – rivolge alle istituzione europee, che saranno chiamate ad esprimere un parere a giugno, quando la Commissione prevede di presentare un progetto di normativa in relazione alle Tecniche di Evoluzione Assistita, quelle tecniche di biologia sviluppate negli ultimi 10 anni che consentono di correggere il DNA delle piante e quindi di selezionare caratteri specifici utili per l’agricoltura che difficilmente sarebbero ottenibili con altri metodi.

Differenza con gli OGM. La grande differenza rispetto agli OGM transgenici è che le piante ottenute con le TEA non contengono DNA di altri organismi: il patrimonio genetico utilizzato è unicamente quello delle piante stesse. Le TEA, cioè, non fanno altro che replicare processi che potrebbero avvenire in natura, mentre nel caso di OGM transgenici il passaggio può avvenire anche tra regni diversi, ad esempio tra batteri e piante. Gli OGM sono inoltre molto costosi da ottenere, richiedono tempi lunghi (sia a livello di ricerca che di validazione) e non assicurano un livello di precisione paragonabile a quello delle TEA.

La filiera agroalimentare insieme per le TEA. Su queste basi, per la prima volta, i rappresentanti del mondo produttivo, della ricerca e delle istituzioni si sono incontrati per promuovere un sistema pubblico-privato di miglioramento genetico basato sulle tecnologie genomiche più avanzate, strategico per adeguare l’agroalimentare nazionale al futuro e mantenere la sostenibilità e la competitività del comparto del food&beverage nazionale. Durante l’evento, che si è svolto stamattina a Roma, è stato illustrato il position paper “Nuove tecniche genomiche genome editing e cisgenesi” elaborato dal Cluster Agrifood Nazionale (l’associazione riconosciuta dal Ministero dell’Università e della Ricerca che aggrega Imprese, Associazioni di categoria, Università, Organismi di ricerca, Enti di Formazione e Rappresentanze territoriali che operano nel settore Agrifood), dal CREA e da Federchimica Assobiotec.

Sostenibilità e produttività. Il position paper illustra le potenzialità delle TEA all’interno di un contesto agricolo italiano sempre più messo a dura prova dagli effetti del cambiamento climatico e dalla necessità di migliorare la resistenza alla siccità e alle avversità, assicurando al contempo qualità e produttività più elevate e spiega come le TEA possano contribuire ad accrescere la sostenibilità della nostra agricoltura e a produrre alimenti più salutari, in linea con gli obiettivi dell’European Green Deal e delle strategie Farm To Fork e Biodiversity.

Alla politica. Su queste basi, vengono stilate alcune raccomandazioni affinché l’Italia sappia cogliere questa opportunità e, a tal fine, vengono suggerite agli attori della politica tre azioni: consentire la sperimentazione in campo delle TEA in tempi brevi, poiché le TEA sono radicalmente diverse dagli OGM di una volta, non possono essere normate allo stesso modo; rilanciare un programma di ricerca sulle biotecnologie pulite per l’agricoltura di domani, dato che nei prossimi mesi è atteso un cambiamento del quadro autorizzativo a livello europeo e sarebbe grave se l’Italia non si presentasse all’appuntamento con un adeguato programma di investimento; predisporre strumenti di trasferimento tecnologico dei risultati dalla ricerca al mondo produttivo, coinvolgendo anche le industrie private, in modo da rinnovare il panorama varietale e renderlo idoneo al nuovo scenario climatico.

La ricerca sulle TEA in Italia. Negli ultimi anni il sistema scientifico italiano sia attraverso il progetto BIOTECH, finanziato dal Ministero dell’Agricoltura e coordinato dal CREA, sia mediante altre iniziative, ha sviluppato conoscenze avanzate nell’ambito delle TEA relativamente alle più importanti specie agricole italiane (frumento, riso, pomodoro, vite, melo, agrumi, ecc). Questo lavoro, che ha portato alla selezione di piante di volta in volta resistenti alle malattie, agli stress abiotici e/o con migliori caratteristiche qualitative e con potenzialità produttiva più elevata, è rimasto fino a oggi confinato nei laboratori. Le piante già selezionate con le TEA e quelle che saranno selezionate nei prossimi anni costituiscono una grande opportunità per l’agricoltura italiana – basti solo pensare alle perdite causate dalla siccità – purché però ci sia la possibilità di testarle in campo, un’opzione al momento preclusa.

Comunicato Stampa

“La dicitura “Spesso buono oltre” non può essere legalmente definita, quindi crediamo che questo tipo di espressioni non dovrebbero essere richieste su base obbligatoria, ma solo volontaria” così Federalimentare sulla proposta contenuta nella bozza della Commissione Ue per la revisione delle norme sulla data di scadenza degli alimenti.

“Condividiamo l’obiettivo della Commissione Europea di combattere lo spreco alimentare ma il principio di un descrittore basato sulla sicurezza e di un descrittore basato sulla qualità rimane appropriato e non dovrebbe essere modificato”.

Espressioni come “spesso buono dopo”, invece, possono sollevare preoccupazioni a causa delle incertezze relative alla responsabilità legale degli operatori del settore alimentare con possibili conseguenze per l’integrità del marchio. Ciò è dovuto al fatto che concetti come “spesso”, “buono” e “dopo” non possono essere legalmente definiti. “Anche se rilevante per molti prodotti, “spesso buono dopo” non è appropriato per tutti” dicono da Federalimentare.

Per questo, Federalimentare ritiene che espressioni del genere debbano essere a discrezione del produttore che, a differenza dei consumatori, può contare su una vasta conoscenza tecnica delle caratteristiche specifiche dei propri prodotti, anche per evitare che gli operatori del settore alimentare seguano un approccio frammentario – oltre che costoso – delle modifiche delle etichette.

“Un sistema di marcatura della data armonizzato, affidabile e coerente rivolto al consumatore è uno degli strumenti che possono aiutarlo a prevenire lo spreco alimentare. Ciò deve essere accompagnato da una comunicazione coordinata e duratura a livello di UE, anche attraverso iniziative per aumentare la consapevolezza su come prevenire e ridurre lo spreco alimentare” conclude Federalimentare.

Comunicato Stampa

3 febbraio 2022 – Dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030, questa è la priorità fissata a livello comunitario, sulla quale anche la filiera agroalimentare italiana sta intensificando i propri sforzi. In Italia, le eccedenze alimentari riguardano 6 milioni di tonnellate all’anno, equivalenti a circa 1/6 dei consumi, per un valore di 13 miliardi di euro, il 92,5% delle quali diventa spreco alimentare.

L’industria alimentare. Azioni concrete, come la scelta di packaging più evoluti per preservare la qualità degli alimenti più a lungo, ma anche azioni di sensibilizzazione verso gli attori della filiera agroalimentare sui temi della riduzione degli sprechi. Queste le due strade che l’industria alimentare ha messo in campo per ridurre il fenomeno. Già, perché la grande sfida – dicono da Federalimentare, la federazione confindustriale che rappresenta il food&beverage italiano “è prevenire lo spreco ancor prima che si realizzi”. Azioni come il riporzionamento degli alimenti in linea con nuovi stili di vita e abitudini di consumo, l’utilizzo di packaging più evoluti per preservare più a lungo sicurezza e qualità degli alimenti e garantire l’estensione della shelf-life, l’ideazione di prodotti ad alto servizio aggiunto che minimizzino le manipolazioni domestiche e le occasioni di spreco vanno proprio in questa direzione, come anche la promozione di informazioni sempre più accurate per la corretta preparazione degli alimenti e la loro conservazione a livello domestico.

Vademecum per il consumatore. Ma quali sono i consigli che l’industria alimentare può dare al consumatore per far sì che sprechi il meno possibile?

La spesa. La lotta contro lo spreco alimentare inizia dal carrello della spesa. Eh già, perché è meglio entrare al supermercato con le idee ben chiare, anzi, ben scritte: fare una lista della spesa, quindi, è necessario per evitare di comprare cose inutili o doppioni. Anche meglio fare un menù che sia giornaliero o settimanale: prenderemo solo ciò che ci serve e al tempo stesso risparmieremo.

L’etichetta. “Leggere attentamente le istruzioni”, soprattutto se parliamo di cibo. C’è differenza tra “da consumare preferibilmente entro il…” e “da consumare entro…”: nel primo caso si tratta di una indicazione sulla qualità e, superata quella data, il prodotto si può ancora mangiare, nel secondo caso, invece, no.

Il frigorifero. Il metodo Marie Kondo dovrebbe valere soprattutto in frigo. L’ordine, infatti, è fondamentale per combattere lo spreco: gli alimenti con la data di scadenza più lontana vanno dietro, mentre quelli con la data di scadenza più vicina vanno davanti. Non solo: è importante mettere ogni cosa al suo posto. Frutta e verdura vanno nei cassetti, pesce e carne cruda al primo piano, carne cotta al secondo e affettati e formaggi nel ripiano più alto. La temperatura giusta? È a 4 gradi.

Il congelatore. Il congelatore è un valido alleato contro lo spreco: se siamo soliti comprare prodotti confezionati e spesso ci accorgiamo che siamo pericolosamente vicini alla data di scadenza, possiamo agire d’anticipo conservando alcuni di questi in freezer dopo averli acquistati. In questo modo, allungheremo la loro vita e potremo utilizzarli fino a tre mesi dopo la data di scadenza per preparare piatti da cuocere, avendo l’accortezza di farli scongelare in frigorifero per un’intera notte. In generale, è sempre importante riportare la data del congelamento di un prodotto e consumarlo poi entro le 24 ore dallo scongelamento.

La dispensa. In dispensa vanno tutti gli alimenti a lunga conservazione, anche quando già aperti. Capita a volte che le “farfalline da farina” si annidino nelle confezioni aperte dei nostri cibi, rendendoli di fatto da buttare. C’è un rimedio? Basta conservare i prodotti alimentari in contenitori rigidi in vetro e tenere la dispensa pulita.

Tutto si trasforma. Questa legge vale anche in cucina. Gli scarti che a volte produciamo mentre cuciniamo non devono essere buttati, ma possono essere riutilizzati per un’altra ricetta. Tra l’altro, ormai internet è pieno di “ricette zero spreco” da cui prendere spunto. Un esempio su tutti: per evitare di buttare il pane una soluzione è acquistarlo appena uscito dal forno e poi affettarlo e congelarlo in freezer. Se per qualche motivo ce ne dimentichiamo e il pane diventa duro, niente paura: possiamo farne del pangrattato per un’altra ricetta.

Batch cooking e altri inglesismi. Batch cooking e family bag: non solo parole inglesi diventate familiari anche da noi ma soprattutto modi virtuosi a cui approcciarsi. Il batch cooking, ad esempio, consiste nel cucinare una sola volta alla settimana, preparando tutto ciò di cui c’è bisogno per i giorni successivi. In realtà questa è un’usanza antica che nel tempo è andata perduta ma che permette di sprecare il meno possibile. E si può essere virtuosi anche quando si mangia fuori casa: basta chiedere la family bag quando qualcosa che stiamo mangiando non ci va più. Riscaldata, anche il giorno dopo a casa, sarà buonissima.

In scena il futuro dei consumi e dell’export agroalimentare italiano – Gli interventi dei relatori alla conferenza stampa odierna

(Roma, 2 marzo 2023) – Non esiste sviluppo senza innovazione, con un’attenzione all’evoluzione della domanda nazionale ed internazionale. È l’assunto irrinunciabile col quale Cibus Connecting Italy 2023 torna in scena a Parma dal 29 al 30 marzo. L’ambizioso progetto che il Salone internazionale dell’alimentazione porta avanti è convogliare esigenze ed esperienze di produzione, industria e distribuzione attorno a un unico tavolo, che lavori alla delineazione di nuovi scenari per il mondo del Food. Scenari che vedono modelli di approvvigionamento di filiera più prossimi ma discontinui, ma anche la maggiore valorizzazione del legame territoriale e di continua riscoperta di produzioni, tradizioni e cultura del vivere e mangiare all’italiana. È quanto emerso dalla conferenza stampa odierna di presentazione della manifestazione, tenutasi a Roma.

L’ESPERIENZA IMMERSIVA – Cibus Connecting Italy si compone organicamente di due anime. La prima è senz’altro quella esperienziale e immersiva nella tradizione e nel “saper fare” del Made in Italy agroalimentare. Visitando la fiera, un operatore può realmente comprendere, esplorare e toccare con mano le radici del food & beverage Autentic Italian: materie prime, ingredienti semilavorati e prodotti trasformati sono, infatti, al centro non soltanto dell’attività espositiva, ma anche dei numerosi “Cibus Destination on the Road”, che la fiera riserva tradizionalmente a centinaia di buyers esteri nei diversi territori.

L’INNOVAZIONE – La seconda anima di Cibus Connecting Italy è legata a quel suo ruolo da piattaforma privilegiata di networking e mutuo scambio. Tema centrale della fiera è proprio l’abilità dell’industria alimentare e di tutta la filiera di realizzare e proporre prodotti innovativi e tailor-made, in grado di incrociare la domanda premium proveniente dal mercato interno e da quello estero. Sotto la lente di ingrandimento il catalogo delle novità di prodotto e l’Innovation Corner, esposizione delle 100 più interessanti innovazioni di prodotto, valutate e selezionate da una giuria di esperti. Ampio lo spazio che la fiera, in collaborazione con Le Village By Crédit Agricole, riserva alle start-up, autentici laboratori di novità e propulsori di progetti sostenibili affascinanti e spesso dall’altissimo coefficiente innovativo.

IL RUOLO CHIAVE DELL’HO.RE.CA. – Ruolo chiave all’interno di Cibus Connecitng Italy è riservato al canale Foodservice: il salone, infatti, dedica ampio spazio alla ricerca di qualità, allo scouting di materie prime tipiche e ad attività di education destinate agli operatori del settore. Il senso profondo di tutto questo è trasformare i mondi hôtellerie, ristorazione e catering in vetrine ideali per promuovere l’eccellenza italiana fuori dai confini nazionali.

LE AREE SPECIALI, LA MULTICANALITÀ, IL PROGRAMMA – Una fiera multicanale che si rinnova costantemente: oggi Cibus è soprattutto questo. Quattro le nuove aree dell’edizione 2023: ortofrutta (con l’esordio assoluto tra gli espositori della fiera di produttori italiani di frutta e verdura fresca), semilavorati per gelateria e pasticceria, prodotti “rich in” e plant-based.

Grande enfasi alla fluidità di interazione tra diversi strumenti e canali: all’esperienza in fiera e al programma “Cibus Destination on the Road” si aggiungono le funzionalità di MyBusinessCibus, piattaforma che replica in chiave digitale l’incontro tra domanda e offerta.

Completa la multicanalità della fiera un programma di circa 40 eventi, tra tavole rotonde, attività di networking, mostre, seminari e l’immancabile Doposalone, “Cibus After”.

Ad aprire simbolicamente la manifestazione, mercoledì 29 marzo alle ore 11, nella nuova Sala Plenaria del Padiglione 4, il convegno inaugurale; prevista la presenza dei rappresentanti del mondo istituzionale e politico. Tra le voci più autorevoli che si alterneranno al microfono, anche quella di Nielsen IQ che con l”ultimissima “Consumer Outlook Survey” presenterà dati inediti sugli eventi inflattivi di inizio 2023 e diverse possibili chiavi per interpretare la transizione dei consumi sui molteplici canali di vendita.

Il resto degli eventi in programma è disponibile all’indirizzo https://www.cibus.it/convegni-2023/

I
 NUMERI – 20.000 i visitatori attesi in fiera da 90 diversi Paesi esteri, tra cui 1.300 top buyer, in arrivo a Parma grazie al programma di incoming sviluppato in collaborazione con Agenzia ICE. Circa un migliaio i brand del food made in Italy rappresentati.

Tra i top buyers presenti a Cibus, Metro AG International Germany, Selfridges, Sodexo UK, Waitrose UK, Albertsons, H-E-B USA, Rouses Supermarkets, Meijer, Albertsons, Performance Food Group, Sysco, The Kroger Co. Sysco, Marks & Spencer, Lulu Group International, Mercadona, Eroski Spain, Biedronka (Jeronimo Martins), Lotte Mart, Coop Estonia, Colruyt, Delhaize, Billa, Leclerc, Tesco… e molti altri.

LE DICHIARAZIONI –

“L’Italia – ha osservato Paolo Mascarino, Presidente di Federalimentare – è nota in tutto il mondo per la sua cultura del cibo e per il suo modello alimentare, che ha nella Dieta mediterranea il suo punto di riferimento culturale. Questo modello è riconosciuto come uno dei più salutari ed equilibrati al mondo e ciò si riflette in tutte le classifiche mondiali relative a salute generale della popolazione, longevità e bassi livelli di obesità, dove l’Italia figura regolarmente ai primissimi posti. Il modello alimentare italiano è anche tra i più sostenibili, perché basato sulla valorizzazione del territorio: siamo un Paese ricco di biodiversità e di produzioni locali, per le quali è fondamentale la salvaguardia del paesaggio. L’industria alimentare rappresenta poi uno dei principali motori dell’economia del Paese. La grande varietà di prodotti originali e la presenza di marchi di eccellenza hanno consentito all’export italiano di conquistare rilevanti quote di mercato a livello internazionale, al punto che il “Made in Italy” all’estero è ormai sinonimo di gusto e di qualità. Nemmeno le crisi internazionali e la pandemia sono riusciti a frenare questa tendenza: i dati evidenziano infatti livelli da record per le nostre esportazioni che dal 2000 al 2022 segnano quasi un +300%, mentre se guardiamo il solo export del 2022, vediamo che è arrivato intorno ai 50 miliardi, +19% rispetto all”anno precedente. Cibus rappresenta l’occasione per mostrare al pubblico del mondo tutto questo: il nostro modello di alimentazione sana e sostenibile, che esalta i valori del gusto e della tradizione.

“Cibus Connecting Italy continua a crescere e ha già raggiunto numero significativi – ha detto Gino Gandolfi, Presidente di Fiere di Parma, “ma mi sento di poter affermare che siamo ancora all’inizio di un percorso di sviluppo e di una sempre più intensa valorizzazione non solo di Cibus, ma di tutta la filiera agroalimentare italiana, orgoglio nazionale e vera eccellenza del Made in Italy. Sono convinto” conclude Gandolfi “che il Governo anche per il tramite di Agenzia ICE, ci saprà sostenere e supportare nella pregevole missione di contribuire alla promozione del Made in Italy nel mondo”.

“Cibus è definitivamente il manifesto del made in Italy alimentare, della capacità della nostra manifattura e delle nostre filiere di essere sempre più in sintonia con i consumatori di tutto il mondo – ha dichiarato Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma – Negli ultimi 10 anni l’export agroalimentare è cresciuto a doppia cifra, anche durante la pandemia e la guerra, in tutte le geografie e su tutti i canali. Per questo, similmente a come accaduto in altri settori leader del made in Italy, Cibus ha voluto e potuto diventare un evento internazionale di successo con cadenza annuale.”

“Il food & beverage Made in Italy vola sui mercati internazionali e Agenzia ICE anche a Cibus Connecting Italy è al fianco delle imprese, con i suoi servizi innovativi all’export. L’attenzione del settore è rivolta alla blockchain, un sistema di tracciabilità che attraverso l”utilizzo di nuove tecnologie garantisce il consumatore sulla qualità e la provenienza del prodotto, certificandone la filiera – ha osservato il Presidente di Agenzia ICE, Matteo Zoppas – La diffusione della blockchain consente di valorizzare e proteggere al tempo stesso il Made in Italy, è un tema cruciale per l’intero settore e uno degli strumenti per contrastare il problema dell’Italian Sounding. I servizi innovativi a maggior valore aggiunto possono così consentire alle aziende ulteriori miglioramenti rispetto a performance che sono già importanti: nei primi 11 mesi del 2022 l’export aumenta del 16% rispetto al 2021 e supera i 54 miliardi di euro. In particolare, i prodotti alimentari segnano +20%, vini e bevande + 11%, su cui incide il tasso di inflazione a doppia cifra. L’aiuto concreto alla categoria sarà indiscutibilmente dato dalla recente riduzione a doppia cifra del costo dei trasporti overseas che si auspica diventi strutturale”.

“1.300 top buyer totali da 90 paesi esteri incontreranno circa 500 espositori in due giorni al Cibus Connecting Italy 2023 di Parma – ha affermato Roberto Luongo Direttore Generale Agenzia ICE – Questi i numeri che confermano il ruolo dell”ICE nel sostegno all”internazionalizzazione della filiera agroalimentare italiana, al fianco delle PMI italiane e della Fiera: un ampio programma di incoming di operatori esteri, preceduto da una serie di azioni di comunicazione, condotte attraverso la propria rete di 78 Uffici all”estero e mirate a promuovere l’evento, il settore, il brand Italia e i suoi prodotti. “

“Tradizione e innovazione saranno le parole chiave del futuro dell’agricoltura italiana. – ha dichiarato il Senatore Luca De Carlo, Presidente della 9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare) – A Cibus la grande attenzione all’innovazione ci consentirà appunto di affrontare le sfide con un approccio meno ideologico e più scientifico.”

Comunicato Stampa

3 febbraio 2022 – Dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2030, questa è la priorità fissata a livello comunitario, sulla quale anche la filiera agroalimentare italiana sta intensificando i propri sforzi. In Italia, le eccedenze alimentari riguardano 6 milioni di tonnellate all’anno, equivalenti a circa 1/6 dei consumi, per un valore di 13 miliardi di euro, il 92,5% delle quali diventa spreco alimentare.

L’industria alimentare. Azioni concrete, come la scelta di packaging più evoluti per preservare la qualità degli alimenti più a lungo, ma anche azioni di sensibilizzazione verso gli attori della filiera agroalimentare sui temi della riduzione degli sprechi. Queste le due strade che l’industria alimentare ha messo in campo per ridurre il fenomeno. Già, perché la grande sfida – dicono da Federalimentare, la federazione confindustriale che rappresenta il food&beverage italiano “è prevenire lo spreco ancor prima che si realizzi”. Azioni come il riporzionamento degli alimenti in linea con nuovi stili di vita e abitudini di consumo, l’utilizzo di packaging più evoluti per preservare più a lungo sicurezza e qualità degli alimenti e garantire l’estensione della shelf-life, l’ideazione di prodotti ad alto servizio aggiunto che minimizzino le manipolazioni domestiche e le occasioni di spreco vanno proprio in questa direzione, come anche la promozione di informazioni sempre più accurate per la corretta preparazione degli alimenti e la loro conservazione a livello domestico.

Vademecum per il consumatore. Ma quali sono i consigli che l’industria alimentare può dare al consumatore per far sì che sprechi il meno possibile?

La spesa. La lotta contro lo spreco alimentare inizia dal carrello della spesa. Eh già, perché è meglio entrare al supermercato con le idee ben chiare, anzi, ben scritte: fare una lista della spesa, quindi, è necessario per evitare di comprare cose inutili o doppioni. Anche meglio fare un menù che sia giornaliero o settimanale: prenderemo solo ciò che ci serve e al tempo stesso risparmieremo.

L’etichetta. “Leggere attentamente le istruzioni”, soprattutto se parliamo di cibo. C’è differenza tra “da consumare preferibilmente entro il…” e “da consumare entro…”: nel primo caso si tratta di una indicazione sulla qualità e, superata quella data, il prodotto si può ancora mangiare, nel secondo caso, invece, no.

Il frigorifero. Il metodo Marie Kondo dovrebbe valere soprattutto in frigo. L’ordine, infatti, è fondamentale per combattere lo spreco: gli alimenti con la data di scadenza più lontana vanno dietro, mentre quelli con la data di scadenza più vicina vanno davanti. Non solo: è importante mettere ogni cosa al suo posto. Frutta e verdura vanno nei cassetti, pesce e carne cruda al primo piano, carne cotta al secondo e affettati e formaggi nel ripiano più alto. La temperatura giusta? È a 4 gradi.

Il congelatore. Il congelatore è un valido alleato contro lo spreco: se siamo soliti comprare prodotti confezionati e spesso ci accorgiamo che siamo pericolosamente vicini alla data di scadenza, possiamo agire d’anticipo conservando alcuni di questi in freezer dopo averli acquistati. In questo modo, allungheremo la loro vita e potremo utilizzarli fino a tre mesi dopo la data di scadenza per preparare piatti da cuocere, avendo l’accortezza di farli scongelare in frigorifero per un’intera notte. In generale, è sempre importante riportare la data del congelamento di un prodotto e consumarlo poi entro le 24 ore dallo scongelamento.

La dispensa. In dispensa vanno tutti gli alimenti a lunga conservazione, anche quando già aperti. Capita a volte che le “farfalline da farina” si annidino nelle confezioni aperte dei nostri cibi, rendendoli di fatto da buttare. C’è un rimedio? Basta conservare i prodotti alimentari in contenitori rigidi in vetro e tenere la dispensa pulita.

Tutto si trasforma. Questa legge vale anche in cucina. Gli scarti che a volte produciamo mentre cuciniamo non devono essere buttati, ma possono essere riutilizzati per un’altra ricetta. Tra l’altro, ormai internet è pieno di “ricette zero spreco” da cui prendere spunto. Un esempio su tutti: per evitare di buttare il pane una soluzione è acquistarlo appena uscito dal forno e poi affettarlo e congelarlo in freezer. Se per qualche motivo ce ne dimentichiamo e il pane diventa duro, niente paura: possiamo farne del pangrattato per un’altra ricetta.

Batch cooking e altri inglesismi. Batch cooking e family bag: non solo parole inglesi diventate familiari anche da noi ma soprattutto modi virtuosi a cui approcciarsi. Il batch cooking, ad esempio, consiste nel cucinare una sola volta alla settimana, preparando tutto ciò di cui c’è bisogno per i giorni successivi. In realtà questa è un’usanza antica che nel tempo è andata perduta ma che permette di sprecare il meno possibile. E si può essere virtuosi anche quando si mangia fuori casa: basta chiedere la family bag quando qualcosa che stiamo mangiando non ci va più. Riscaldata, anche il giorno dopo a casa, sarà buonissima.

Comunicato Stampa

Milano, 2 Febbraio 2023 – È stato firmato questa mattina il protocollo di intesa tra il Cluster MinIt (Cluster Tecnologico Nazionale dedicato al Made in Italy) e il Cluster CL.A.N. (il CL.uster A.grifood N.azionale), con l’obiettivo di promuovere un percorso di lavoro comune e interdisciplinare, su alcuni specifici filoni tematici delle filiere Agrifood e Made in Italy.

Al termine di un incontro tra le due delegazioni dei Cluster – formate dalle rispettive presidenze e vice presidenze, oltre che dalle presidenze dei comitati scientifici – e con la partecipazione dei vari associati, è stata siglata la partnership strategica tra queste organizzazioni, a cui aderiscono centinaia di attori, appartenenti al mondo della Ricerca, delle Imprese e delle Agenzie territoriali, e assieme rappresentativi di uno dei più articolati e capillari sistemi di attori del Made in Italy.

Dagli interventi dei responsabili dei due CTN è emersa la necessità di un approccio strategico e congiunto al fine di sviluppare sinergie, costruire proposte concrete e stimolare le Istituzioni sui temi di interesse.

Il percorso si baserà sulla collaborazione tra gli organi scientifici, per accrescere il patrimonio di conoscenze scientifiche e tecnologiche nei settori del Made in Italy e dell’Agrifood; questa intesa dovrebbe favorire lo sviluppo di progettualità comuni e cross industrie, con il fine di determinare approcci integrati e sostenibili in ottica di economia circolare per le rispettive filiere di interesse.

Per raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo, CL.A.N. e MinIT si impegnano ad avviare una serie di attività, come ad esempio: costituzione di gruppi di lavoro ad hoc di alto profilo scientifico con esperti indicati da entrambi i Cluster; progetti comuni con modelli di open innovation e cross fertilization; azioni dirette a stakeholder di interesse e alle Istituzioni competenti.

“Ritengo di fondamentale importanza sviluppare un percorso di approfondimento congiunto strategico, al fine di sviluppare sinergie, costruire proposte concrete e stimolare le Istituzioni sui temi di interesse di entrambi i Cluster” sottolinea la presidente del Cluster MinIt Silvana Pezzoli. “Desideriamo come MinIt mettere a disposizione tutte le nostre competenze per poter costruire con CL.A.N. il necessario approccio strategico al fine di elaborare nuovi processi alimentari 2.0”.

Questo accordo di collaborazione pluriennale è anche finalizzato a promuovere una strategia di medio-lungo periodo per una efficace partecipazione congiunta, anche in contesti europei e internazionali, che permetta di posizionare e valorizzare a pieno il brand Made in Italy all’estero.

“In un contesto di forte incertezza come quello attuale” commenta Mauro Fontana, Presidente del Cl.uster A.grifood N.azionale CLA.N. “è più che mai importante promuovere sinergie volte a tutelare e supportare, attraverso l”introduzione di innovazioni tecnologiche e digitali, la competitività e la crescita sostenibile del food and beverage nazionale, vera eccellenza e asset strategico dell’economia del Paese”. “Il protocollo di intesa tra il Cluster CL.A.N. e il Cluster MinIt” continua Mauro Fontana “va in questa direzione e segna l”avvio di un percorso di lavoro comune e reciproca collaborazione per lo sviluppo di progettualità relative alle sfide interdisciplinari da raccogliere per la salvaguardia del Made in Italy agro-alimentare, dalla lotta alla contraffazione e all”Italian Sounding, alla valorizzazione della nostra dieta mediterranea e all’ulteriore sviluppo di innovazione nella qualità, sicurezza alimentare e sostenibilità di prodotti e processi, in continuità con il patrimonio agroalimentere italiano consolidato nel tempo”.

I Cluster Tecnologici Nazionali

Nel 2012 il Ministero dell”Istruzione, dell”Università e della Ricerca, in linea con le priorità fissate dal Programma Quadro dell”UE per la Ricerca e l”Innovazione Horizon2020, ha promosso la creazione e lo sviluppo di 12 Cluster Tecnologici Nazionali. Dal 2019 con Decreto Direttoriale n. 392 del 6 marzo 2019 il MIUR riconosce ai Cluster Tecnologici Nazionali il ruolo di cabina di regia e interlocutore unico nella relazione con le istituzioni nazionali ed europee in materia di ricerca e innovazione, ciascuno per il proprio settore di specializzazione (Aerospazio, Agrifood, Chimica Verde, Fabbrica intelligente, Mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina, Scienze della Vita, Tecnologie per gli ambienti di vita, Tecnologie per le Smart Communities, Patrimonio Culturale, Design, creatività e Made in Italy, Economia del Mare, Energia).
I Cluster Nazionali rappresentano strumenti strategici per attivare le eccellenze italiane nella ricerca e nell’innovazione in un’ottica di specializzazione intelligente del sistema Paese per competere in Europa e nel Mondo. L’obiettivo principale dei Cluster Nazionali è quello di creare uno stretto legame tra sistema industriale, sistema della ricerca e Istituzioni nazionali e regionali, a supporto delle linee strategiche nazionali di ricerca, di sviluppo e di formazione del capitale umano.

Cluster Tecnologico Nazionale del Made in Italy (Cluster MinIT), è uno dei cluster riconosciuti dal Ministero dell”Università e della Ricerca. È composto dai principali enti pubblici e privati operanti sul territorio nazionale nell’ambito della ricerca industriale, della formazione e del trasferimento tecnologico: imprese, università, enti di ricerca pubblici e privati, start-up, incubatori e altri attori attivi nel campo dell”innovazione. Gli interessi strategici del Cluster Made in Italy sono moda, arredamento, nautica, cibo, design e creatività. L”intenzione del cluster è quello di supportare la crescita economica e sostenibile nei settori di sua competenza, operando in coerenza alle agende strategiche comunitarie e prestando particolare attenzione ai territori del Mezzogiorno.

CLUSTER CL.A.N. è un’Associazione multistakeholder nel settore Agrifood che aggrega Imprese, Associazioni di categoria, Università, Organismi di ricerca e Rappresentanze territoriali.
Nato sotto il coordinamento di Federalimentare e ART-ER in risposta all’Avviso MIUR del 2012 per lo sviluppo e il potenziamento di Cluster Tecnologici Nazionali, il CL.A.N. ha lo scopo di promuovere, difendere e incrementare lo sviluppo sostenibile della filiera agroalimentare, attraverso lo stimolo dell’Innovazione, l’accesso e la valorizzazione dei risultati della Ricerca, la creazione di nuove competenze, la collaborazione tra Ricerca, Imprese e Amministrazione pubblica.
Dal 2019 il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR), diventato dal 2020 Ministero dell’Università e Ricerca (MUR), riconosce al Cluster CL.A.N il ruolo di interlocutore unico nella relazione con le Istituzioni nazionali ed europee in materia di Ricerca e Innovazione per il sistema agroalimentare.

Comunicato Stampa

Al via la presidenza di Paolo Mascarino, già vicepresidente di Federalimentare, che dal primo gennaio 2023 guiderà la Federazione per i prossimi 4 anni. Il passaggio di consegne tra Ivano Vacondio, presidente uscente, e Paolo Mascarino è avvenuto a Roma durante l’annuale Assemblea di Federalimentare.

Durante l’incontro, il neo presidente Mascarino ha presentato il nuovo Consiglio Generale della Federazione. I consiglieri, proposti da Mascarino e confermati dal voto dell’Assemblea, sono Riccardo Cassetta (presidente Assitol), Ettore Fortuna (vicepresidente delegato Mineracqua), Giangiacomo Pierini (presidente Assobibe), Alfredo Pratolongo (presidente Assobirra) e Marco Serafini (presidente Anicav) che ricopriranno il ruolo di vicepresidenti mentre Paolo Zanetti (presidente Assolatte) ricoprirà il ruolo di Consigliere Incaricato. L’organico è stato poi completato con la nomina di Raffaele Boscaini (Masi Agricola) e Nicola Levoni (Levoni S.p.A), che saranno i Consiglieri Elettivi proposti dall’Assemblea.

Mascarino ha ringraziato Vacondio per il lavoro svolto in un quadriennio particolarmente difficile, che ha visto succedersi una pandemia, una guerra in Europa e un tasso di inflazione che non si vedeva da quarant’anni. Il nuovo Presidente ha chiarito di aspettarsi un periodo altrettanto impegnativo nei prossimi quattro anni e si anche è detto fiducioso di poter collaborare con i nuovi Consiglieri per affrontare insieme le nuove sfide. “L’incertezza del quadro politico-economico internazionale e l’intreccio di gravi crisi come il costo dell’energia, l’alta inflazione, il rischio della recessione, la mancanza di alcune materie prime fondamentali per la nostra industria impone alla Federazione la necessità di sapersi muovere con determinazione e flessibilità di fronte a scenari in continua evoluzione” – ha detto Mascarino nella sua relazione all’Assemblea – “Per questo intendo guardare in avanti, con l’obiettivo non solo di uscire dalla crisi ma di uscirne più forti di prima, a vantaggio di tutto il Paese. Credo che gli imprenditori alimentari italiani siano i migliori del mondo. Più vi conosco e più mi rendo conto che ognuno di voi rappresenta prodotti, valori, famiglie che meritano di emergere nel panorama europeo e mondiale”.

Comunicato Stampa

“Pur condividendo gli obiettivi generali relativi alla proposta di Regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, non possiamo non unirci al coro di critiche che sono state già lanciate a mezzo stampa da tutti i principali rappresentanti del mondo industriale” così Ivano Vacondio interviene sulla proposta che la Commissione Europea ha pubblicato all”interno del secondo pacchetto economia circolare il 30 novembre scorso in termini di prevenzione, riduzione e riutilizzo degli imballaggi immessi nel mercato.

Una misura che rischia di essere devastante, osserva il Presidente di Federalimentare, per tutto il settore alimentare e delle bevande: “L’impatto potenziale derivante dalla combinazione delle diverse misure contenute nella proposta di regolamento, in una fase congiunturale così difficile, risulterebbe insostenibile sia dal punto di vista economico, a causa dei maggiori costi e oneri sugli operatori economici sia dal punto di vista tecnologico, in relazione alle difficoltà logistiche e organizzative di non poco conto in capo alle imprese “impossibilitati” ad adeguarsi in così poco tempo. Senza contare le ricadute di un potenziale un effetto depressivo sui consumi e in contrasto con la forte propensione delle nostre imprese all’export” prosegue il presidente.

“Mi preme ribadire che la transizione verso imballaggi sempre più sostenibili non può avvenire tramite l’approccio “packaging free” che è nelle intenzioni della CE. L’imballaggio alimentare non è un semplice “contenitore” ma ha una funzione essenziale per mantenere inalterata la conservazione, la qualità, la sicurezza del prodotto alimentare lungo tutte le fasi della filiera. Le nostre imprese in questi anni hanno già fatto tantissimo: penso ad esempio alla riduzione e all’alleggerimento degli spessori, all’ecodesign, all’aumento di contenuto di materiale riciclato fino all’etichettatura ambientale degli imballaggi con la previsione di informazioni sempre più chiare ed accurate sulla composizione del materiale di imballaggio e quelle relative al corretto smaltimento dei consumatori nella raccolta differenziata. C”è dunque da parte delle nostre imprese tutto l”interesse a procedere in una direzione che sia quanto più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale, ma non a discapito di una sostenibilità economica e sociale”. C”è poi un altro aspetto, affatto secondario, che riguarda il nostro modello circolare, spiega Vacondio: “La proposta di regolamento è costruita con un”impostazione fortemente ideologica che rischia di scardinare l’eccellenza del modello, rappresentato dal sistema CONAI, grazie al quale l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi UE di riciclo al 2030″ conclude il presidente.

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