Federalimentare

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Roma, 22 novembre 2018

Industria alimentare e sindacati dei lavoratori scrivono congiuntamente al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai vice presidenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini per chiedere di rivedere l’emendamento, approvato in Commissione Finanze della Camera, volto ad introdurre in Italia una tassa sul consumo di zucchero contenuto nelle bevande.

“Rappresentiamo il disorientamento delle imprese e dei lavoratori per misure che deprimono il mercato, generano ulteriori incertezze sugli investitori, frenano l’economia e mettono a repentaglio decine di migliaia di posti di lavoro”, affermano nella lettera inviata Federalimentare, Fai, Flai, Uila.

“Su alcuni prodotti di molte PMI” prosegue la missiva “si stima un aumento di oltre il 100% del prezzo dell’attuale prezzo di vendita, che arrecherà forti danni economici alle aziende in un mercato già negativo o stagnante, con rischio di ulteriori delocalizzazioni e conseguente riduzione dell’occupazione, e spingerà il consumatore verso prodotti di qualità e prezzo sempre più bassi per cercare di compensare l’aumento fiscale”.

Comunicato Stampa 15 novembre 2018

Esprimiamo la preoccupazione delle aziende che in Italia producono ricchezza e occupazione.

La proposta approvata oggi alla Commissione Finanze della Camera di tassare le bevande zuccherate si affida alla vecchia ricetta di colpire ancora di più le industrie, rendendo sempre meno attraenti gli investimenti in questo Paese.

Non si possono evocare la crescita e l’export per poi tassare le industrie che a questa crescita contribuiscono.

Oggi si introduce una tassa su un ingrediente, come lo zucchero; e domani?

Tra l’altro, le nuove tasse si ripercuoteranno inevitabilmente sul prezzo dei prodotti, penalizzando quindi le classi sociali più deboli.

Il calo delle vendite avrà poi un impatto negativo sulla filiera, riducendo anche l’IVA versata nelle casse dello Stato.

Articolo pubblicato sul Sito Internet www.corriere.it

L’articolo “Cibi cancerogeni e cibi anticancro: ecco cosa mettere a tavola”, firmato da Vera Martinella e pubblicato dal Corriere.it nella sezione dedicata alla salute il 10 ottobre u. s. è altamente lesivo della reputazione di numerosi prodotti alimentari di qualità e dei loro produttori. Diverse affermazioni contenute nell’articolo sono assai discutibili sul piano scientifico. Soprattutto è necessario sottolineare la semplificazione diseducativa in base alla quale viene impostato l’articolo. Per quanto efficace e semplice da un punto di vista comunicativo sia etichettare gli alimenti in “sì” e “no” altrettanto fuorviante e “disinformante” lo è da un punto di vista educativo e scientifico. La stessa esperta infatti è costretta a spiegare per esempio che la carne catalogata come “no” in realtà si può consumare fino a 500 gr a settimana (diciamo 3 volte)il che diventa un controsenso. Nel testo si parla di “evidenza convincente”, correlazione tra consumo di carni rosse o insaccati e il tumore al colon retto benché poi si ammetta candidamente che si fa riferimento a “studi osservazionali”, che com’è noto sono ai più bassi livelli nella valutazione dell’evidenza scientifica, ben più affidabile in caso di studi randomizzati e controllati (RCT), di meta analisi o di revisioni sistematiche. Anche la International Agency for Research on Cancer (AIRC), che tre anni fa aveva lanciato un ingiustificato allarme sul rapporto tra consumo di carni rosse o lavorate e insorgenza di tumori, ha dovuto fare marcia indietro, sottolineando che il suo rapporto riguardava un consumo di carne in quantità estremamente elevate e l’uso di conservanti o di altre sostanze non riconducibili alla carne in sé. E le raccomandazioni del 2002, confermate dalla stessa AIRC nel 2015, non escludono affatto la carne da un’alimentazione sana. Ancora più contestabile è il no sul pane bianco (oltre a grissini, crackers e merendine). I LARN raccomandano che il 45-60% delle calorie debbano provenire dai carboidrati e la demonizzazione delle farine bianche è priva di qualunque evidenza scientifica e catalogare come “no” tutti questi prodotti spinge il consumatore a consumi prevalenti di grassi e proteine in proporzioni necessariamente non salutari. La dieta mediterranea, l’unica con evidenze scientifiche rilevanti, è valida nel suo insieme e non scomposta nei suoi singoli alimenti. I dati della letteratura mondiale devono servire a modulare le proporzioni degli alimenti non a bandirne alcuni come responsabili di malattie. Gli zuccheri semplici, la carne rossa, il vino e gli stessi dolci non fanno male alla salute in quanto tali (altrimenti la stessa esperta non potrebbe poi specificare le quantità sicure) ma possono far male, favorire il sovrappeso o aumentare il rischio tumorale se consumate in eccesso o cucinate in modo poco salutare. In classe 2a (probabilmente cancerogeno per l’uomo) troviamo anche alcune sostanze contenute nel basilico e nello zafferano ma chi avrebbe il coraggio di mettere un bel “no” su questi prodotti? Inoltre, nelle farine integrali abbondano le lectine, sostanze termostabili che danneggiano la barriera epiteliale e ad alto potenziale pro-infiammatorio. Eppure questo non deve impedire a promuoverne il consumo (magari alternato a quello delle vituperate farine bianche). D’altronde se consumassimo 10 litri di acqua al giorno avremmo delle conseguenze nocive per la salute ma sfido l’esperta nutrizionista a mettere un “no” alla voce acqua. Inoltre, i toni allarmistici relativi al rischio di cancro, con ogni probabilità, indurranno tantissimi lettori ad evitare l’acquisto di una serie di prodotti che, se consumati nelle appropriate quantità, non sono affatto nocivi. E’ necessario ricordare che la carne rossa è fonte privilegiata di proteine nobili, ferro, vitamina B12, zinco e selenio. Perché privarsene se la letteratura scientifica mi dice che al di sotto di una certa soglia non aumenta il rischio di cancro? L’articolo, di conseguenza, può causare gravi danni all’industria alimentare, già costantemente sotto assedio a causa delle tante “fake news” sull’alimentazione che circolano sui social network, da cui sinceramente auspicavo che il Suo prestigioso giornale fosse alieno. Nel complesso, l’articolo è estremamente fuorviante, può nuocere molto seriamente molti produttori onesti, scrupolosi e sempre impegnati nel fornire ai consumatori cibi di alta qualità. L’articolo, inoltre, non rende neanche un servizio ai consumatori, che vengono invitati ad evitare il consumo di tanti alimenti che, se consumati con la giusta moderazione, non solo non sono dannosi ma sono anche benefici per la salute. Mi auguro, a nome dei nostri associati, che in futuro presterà più attenzione alle conseguenze che articoli di questo tenore possono comportare per la reputazione della nostra industria e delle nostre tradizioni alimentari, nonché per la stessa sopravvivenza di tantissime piccole imprese a conduzione familiare.

https://www.corriere.it/salute/sportello_cancro/18_novembre_06/richiesta-rettifica-federalimentare-8e45af5c-e19f-11e8-9522-64e616a61d3d.shtml

Scordamaglia: "Alt a chi prova ad aggirare il no dei capi di stato e di governo su tasse e etichette penalizzanti per le eccellenze Made in Italy"

“Le eccellenze agroalimentari del Made in Italy, come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma o l”Olio di oliva, sono ancora una volta sotto l”attacco di iniziative scellerate che prediligono sistemi di etichettatura ingannevoli e nocivi per il consumatore e per tutto il comparto alimentare italiano”. Così Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, commenta l”iniziativa presentata dai sette paesi – Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia – appartenenti alla Foreign Policy and Global Health che esortano “gli Stati Membri ad adottare politiche fiscali e regolatorie” in materia di etichettatura; un progetto di risoluzione che sarà discusso entro l”anno all”Assemblea Generale Onu a New York al fine di predisporre apposite etichette nutrizionali e una riformulazione delle ricette sulla riga.

“Etichettando come insalubri alimenti che contengono al loro interno anche grassi e sali – commenta Scordamaglia – si corre il rischio di ingannare il consumatore, si pensi ai bollini neri apposti sul Parmigiano in Cile, e di nuocere all”altissima qualità dei prodotti italiani, in primis i DOP e gli IGP, e in generale alla filiera agroalimentare nel suo complesso che si ispira ai più alti standard di qualità, sia per quanto riguarda le materie prime che i processi di trasformazione. Non solo: con questo genere di iniziative si rischia di distruggere intere filiere agroalimentari di milioni di agricoltori e PMI avvantaggiando solo poche multinazionali più interessate ad usare la chimica come ingredientistica di base per ridurre i costi di produzione e innalzare i propri margini a scapito del consumatore oggetto di una vera e propria campagna di disinformazione”.

Scordamaglia è chiaro: “Si sta facendo passare il messaggio che esistano cibi salubri e cibi non salubri, mentre la verità è che esistono solo diete e stili di vita salubri o insalubri e che la dieta migliore è quella italiana, la quale contiene tutti i cibi in modo equilibrato. Un concetto che il comparto agroalimentare italiano ha ben capito dal momento che il nostro Paese è in cima alla classifica di Bloomberg per longevità”.

Tali considerazioni non possono essere ignorate e le norme proposte pongono l”OMS davanti a un atto di responsabilità: scegliere come far fronte alla sfida di nutrire la popolazione del futuro. “Per questo – conclude Scordamaglia, presente oggi a Ginevra al WHO GCM/NCD general meeting – è necessario che l”OMS smetta di sostenere posizioni ideologiche e nella maggior parte dei casi prive di evidenze scientifiche e che finiscono con il tutelare interessi di pochi; non servono bollini o etichettature che mettano in guardia su specifici cibi, ma è necessario educare il consumatore alla consapevolezza alimentare, promuovendo iniziative di sensibilizzazione e comunicazione, non certo avvisi macabri e ingannevoli”.

Scordamaglia: "Trionfo dell''export italiano è merito delle PMI e del loro sapere fare"

Roma, 23 ottobre – Presenza immancabile quella italiana al Sial di Parigi, la più grande fiera mondiale dedicata al settore agroalimentare dopo Anuga che fino al 25 ottobre ospiterà 7.020 aziende di oltre 109 paesi che presenteranno le loro eccellenze alimentari. Tra questi, l”Italia occupa come sempre un posto d”eccezione con più di 700 aziende su 7000 presenti, di cui ben 200 nella collettiva italiana di Ice.

“Un elemento positivo quello dell’ampia partecipazione italiana al Sial, coerente con il trend positivo dell”export agroalimentare nel mondo – ha commentato il presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia – anche sulla base degli ultimi dati disponibili, che mostrano come nel periodo gennaio-luglio l”agroalimentare italiano sia passato dal 4.2 al 4.5%, rimanendo comunque al di sopra del manifatturiero in generale, che pure ha registrato una crescita di 0,5 punti percentuali, dal 3.8 al 4.3%. Due gli ulteriori elementi di soddisfazione: da un lato, il fatto che non aumenta solo in assoluto il valore del nostro export, ma anche le PMI italiane riescono ad esportare, obiettivo specifico questo datoci dal Governo. Dall’altro, il fatto che questo aumento lo registriamo in un momento in cui il commercio mondiale (e i nostri principali concorrenti) perdono slancio”.

Scordamaglia: "Fa bene Salvini a parlare di assurdità, ora via a misure concrete per un''alleanza stabile tra mercati ed economie Russa ed Italiana"

“Fa bene il vice premier Matteo Salvini a tornare sulla questione delle sanzioni economiche contro la Russia evidenziandone l’assurdità”. Ha detto Luigi Scordamaglia presidente di Federalimentare commentando la posizione esternata questa mattina dal vice presidente del Consiglio e sottolineando l’importanza della visita in Russia del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte la prossima settimana. “Un danno complessivo che colpisce il settore agroalimentare italiano con un danno di oltre un miliardo di euro soprattutto a carico delle Piccole e Medie Imprese” ha proseguito Scordamaglia e ha sottolineato come misure del genere siano più che altro uno stimolo alla nascita di prodotti italian sounding. “Non è un segreto che le migliaia di ristoranti italiani operanti in quel Paese aumentano sempre più la domanda di prodotti italiani – ha affermato il presidente di Federalimentare – e in assenza di quelli veri scelgono di sostituirli con prodotti che sembrano italiani ma che non lo sono”. “Non possiamo che sperare che l’assurdità di cui ha parlato il vice premier Salvini, porti finalmente alla messa in atto di misure concrete che garantiscano un’ alleanza stabile tra due Paesi, l’Italia e la Russia, che hanno economia e mercati fisiologicamente sinergici”

Comunicato Stampa

Roma, 1 ottobre – In un momento in cui le aspettative sul PIL del Paese non sono rosee e il contesto internazionale è appesantito dalle minacce di dazi e barriere tariffarie che rischiano di minare il nostro Made in Italy, il settore agroalimentare continua a tenere. “In questo quadro non semplice – sottolinea Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare – la produzione alimentare negli ultimi mesi tiene meglio di quella industriale nel suo complesso”. Con un -0,5% rispetto a un -1,3% sull’andamento generale, il settore si dimostra ancora una volta trainante.

A dimostrarlo, anche l’export che cresce un po’ meno del consuntivo 2017, ma che con un + 4,2% è comunque sopra la media dell’industria in generale che si attesta sui 3,8%. Inoltre, mentre lo scorso anno le importazioni dei nostri principali mercati di esportazione (USA, Cina etc) erano in aumento, oggi la crescita delle eccellenze alimentari italiane continua anche se questi mercati di sbocco rallentano vistosamente. Evidentemente la qualità premia anche durante la crisi. “Rimane – prosegue Scordamaglia – il fronte debole delle vendite interne, che seppur con un timido rialzo di + 0,2% a valore, comunque continuano a rappresentare l”aspetto più grave e deludente della congiuntura economica. In quest”ottica, bene ogni iniziativa che rafforzi il potere di acquisto degli italiani, riduca la pressione fiscale e faciliti l”inclusione di chi sta peggio”.

“La filiera del food and beverage mostra perciò, oggi più che mai – conclude il presidente di Federalimentare – di essere un asse strategico che crea sviluppo e stabilità, tanto più prezioso in un contesto appannato e incerto come quello che caratterizza attualmente il contesto complessivo”.

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