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LA DIETA ANTINFIAMMATORIA

21 Novembre 2025
LA DIETA ANTINFIAMMATORIA

Prof. LUCA PIRETTA – Gastroenterologo e Nutrizionista Università Campus Biomedico di Roma

Contrariamente a quanto tendiamo a pensare, l’infiammazione è un fenomeno naturale e utile alla difesa dell’organismo in risposta ad agenti nocivi di diversa natura (chimici, fisici, termici, infettivi) che viene messo in atto per creare un ambiente ostile all’agente nocivo e per innescare meccanismi riparativi e rigenerativi dei tessuti od organi aggrediti da infezioni o traumi.  Quando però la risposta infiammatoria è eccessiva oppure viene innescata da agenti non aggressivi ma appartenenti al proprio organismo, come accade con le malattie autoimmuni, oppure quando l’infiammazione dura troppo a lungo o diventa addirittura cronica, allora questa risposta naturale, in origine protettiva, si trasforma essa stessa nel problema responsabile di danno o sintomi. 

Dobbiamo sapere che l’infiammazione (mantenuta nel tempo) è alla base di gran parte delle patologie dei paesi occidentali (obesità, malattie cardiovascolari, metaboliche e tumorali) e che l’alimentazione e lo stile di vita possono modulare in meglio o in peggio lo stato infiammatorio.

Anche gli alimenti, dunque, possono essere in grado di dare origine a risposte infiammatorie, abitualmente transitorie, legate non solo alla loro composizione chimica ma anche alla loro capacità di interazione con il microbiota intestinale e con il sistema immunitario della barriera intestinale.

Ogni pasto può risvegliare una risposta infiammatoria da parte dell’organismo ma che torna immediatamente al livello di base nelle ore successive. Se però il pasto è sempre troppo abbondante o troppo ricco in grassi (soprattutto saturi) o riguarda soggetti obesi allora il ritorno al livello basale non si verifica più e si va instaurando, nel tempo, una condizione di infiammazione cronica pericolosa. L’eccesso di grassi saturi e in minor misura di zuccheri semplici facilita lo sviluppo di uno stato infiammatorio sia attraverso uno sviluppo di un particolare microbiota e di una aumentata permeabilità intestinale e vascolare che attraverso un aumento dello stress ossidativo. Va sottolineato il concetto di “eccesso” di grassi saturi e zuccheri perché questi macronutrienti, di per sé, non sono affatto dannosi, anzi devono far parte di una sana alimentazione ed è soltanto il loro eccesso (oltre i parametri consigliati dai LARN e dalle linee guida per una sana alimentazione) che possono essere dannosi.

Esiste ormai una corposa letteratura scientifica che supporta l’ipotesi che i fattori dietetici possano svolgere un ruolo nell’infiammazione cronica sistemica di basso grado. Infatti, evidenze provenienti da studi clinici randomizzati e controllati hanno dimostrato gli effetti sostanziali di molti alimenti sui biomarcatori dell’infiammazione e, in particolare, è stato osservato come, in seguito all’adozione di diete a base di alimenti di origine vegetale (inclusa la dieta mediterranea), si assista ad una riduzione degli indicatori infiammatori. Nello specifico, i benefici sono stati riportati in seguito ad un maggiore consumo di cereali integrali, frutta e verdura, legumi, frutta secca e olio d’oliva. I markers infiammatori si abbassano, però, non solo in seguito all’assunzione di alimenti di origine vegetale, ma anche di quelli di origine animale come i latticini o i formaggi fermentati mentre la carne rossa e le uova hanno dimostrato di avere effetti neutri. 

La diversa composizione degli alimenti può spiegare i meccanismi alla base della relazione tra fattori dietetici e sistema immunitario, in particolare in relazione alla presenza di alcuni specifici macronutrienti e fitochimici non nutritivi (polifenoli), vitamine, sali minerali e antiossidanti.

Differenze sostanziali all’interno di ciascun gruppo di macronutrienti possono spiegare i risultati contrastanti ottenuti riguardo agli alimenti ricchi di grassi saturi e carboidrati, sottolineando il ruolo di specifici sottotipi

di molecole (ad esempio, acidi grassi a catena corta o fibre rispetto ad acidi grassi a catena lunga o zuccheri aggiunti liberi) nella valutazione della relazione tra dieta e infiammazione.

Si ipotizza che i polifenoli e gli oligopeptidi alimentari esercitino diverse funzioni, tra cui la regolazione della

risposta infiammatoria e gli effetti sul sistema immunitario. Pur rimanendo l’obesità in sé una condizione determinante uno stato infiammatorio cronico di basso grado, recenti evidenze suggeriscono che i fattori dietetici possono influenzare il sistema immunitario indipendentemente dall’infiammazione correlata all’aumento del peso.

Per combattere lo stato infiammatorio cronico la dieta antinfiammatoria risulta essere il primo passo. Dobbiamo scegliere quegli alimenti che non solo siano in grado di stimolare meno la risposta infiammatoria ma anche che riescano a ridurre l’impatto di altri alimenti che invece tendono ad innalzare i markers infiammatori.

Alcuni alimenti, soprattutto quelli ricchi in antiossidanti, vitamine, acidi grassi omega 3 e fibre solubili da una parte contribuiscono a ridurre lo stress ossidativo cellulare e dall’altra stimolano la selezione di un microbiota fermentativo in grado di produrre alcune sostanze come gli acidi grassi a catena corta (butirrato in particolare) che svolgono u ruolo protettivo sulla barriera intestinale riducendo la permeabilità e l’innesco delle reazioni infiammatorie.

Tra i meccanismi di difesa messi in atto dalla barriera intestinale esiste anche quello che si relaziona il cervello; infatti, migliorare la permeabilità della barriera intestinale aiuta anche a proteggere la barriera emato-encefalica, prevenendo l’attacco delle cellule cerebrali da parte di eventuali sostanze tossiche presenti negli alimenti ingeriti. 

Gli alimenti fermentati yogurt e kefir sono capaci di inibire l’infiammazione più degli alimenti ricchi in fibra, che già abbassano le citochine infiammatorie. L’aggiunta di frutta ricca di antociani o di altri antiossidanti come i polifenoli e le catechine aiuta a neutralizzare anche la stimolazione infiammatoria causata da altri alimenti (quelli ricchi in grassi saturi, per esempio) assunti contemporaneamente. Ecco che diventa importante anche conoscere quali siano gli abbinamenti corretti in modo da poter neutralizzare alcuni effetti pro-infiammatori di alcuni alimenti senza dover mettere in atto diete estremamente restrittive.

Anche le tipologie di cottura sono importanti nella gestione di una dieta antinfiammatoria. Infatti, la cottura ad alte temperatura come, per esempio, quella alla griglia può generare reazioni chimiche pericolose pro-infiammatorie, così come la frittura che può trasformare gli acidi grassi polinsaturi di oli e grassi  in fonte di radicali liberi pericolosi.

Un esempio di dieta antinfiammatoria può essere rappresentato da una colazione che prevede i mirtilli, oppure una spremuta di arancia e due fette di pane tostato con yogurt, kefir o ricotta. In questo modo introduciamo antociani, vitamina C e carotenoidi come antiossidanti. Le fette di pane tostato (meglio se integrali) aggiungono fibre e i betaglucani. 

Per il pranzo sarebbe consigliabile un piatto di pasta integrale condita con pomodoro e olio extravergine a cui potremmo aggiungere del tonno e per contorno una porzione di verdure fresche di stagione come il radicchio e legumi.

La carenza di cereali integrali secondo un importante studio pubblicato su The Lancet e condotto in ben 195 paesi per 20 anni risulta essere una delle più importanti abitudini alimentari negative correlata con la comparsa di molte patologie e quindi è molto importante promuoverne il consumo. L’olio EVO è ricchissimo di polifenoli, vitamina E e grassi buoni monoinsaturi e polinsaturi (soprattutto in autunno e inverno per la recente spremitura). Il radicchio è ricco di antociani e fibre mentre il tonno apporta molti acidi grassi monoinsaturi oltre a zinco e selenio (utile per la sintesi del glutatione). I fagioli apportano proteine fibre e sali minerali importanti come ferro e magnesio.

Per cena può essere indicato un secondo piatto a base di pesce, oppure di carni bianche o rosse (con frequenza bisettimanale) con un contorno di carciofi conditi con olio extra vergine di oliva, a cui si può aggiungere una ratatouille fatta con melanzane, peperoni e pomodori e due fette di pane integrale. I carciofi grazie alla silimarina e alla cinarina aiutano come antiossidanti e facilitano lo smaltimento delle sostanze infiammatorie introdotte con gli alimenti. Il pesce è ricco acidi grassi omega 3. Questi grassi polinsaturi sono coinvolti in vari meccanismi, tra cui il più studiato è la riduzione della sintesi di prostaglandine e leucotrieni, mediatori dell’infiammazione. Per sortire un effetto antinfiammatorio, è necessario, oltre ad introdurne  una quantità adeguata, anche mantenere il rapporto corretto con i grassi omega 6  (il rapporto ottimale omega 3/omega 6 deve essere 4-5/1). 

Bisogna prestare anche molta attenzione al sale. Alcuni studi internazionali di laboratorio hanno dimostrato le potenzialità del sodio, anche in modeste quantità, di infiammare i linfociti T helper 17, ovvero particolari cellule presenti nel sangue dotate di una capacità altamente infiammatoria in contesti predisponenti. Un altro valido motivo, dunque, per limitare l’apporto di sale (sostituendolo con le spezie e in particolare il peperoncino) e di quei cibi che ne sono naturalmente ricchi.

Basta fare queste scelte alimentari per tenere sotto controllo l’infiammazione?

Certamente no. Programmare una dieta antinfiammatoria avrà successo solo se questa viene  inserita in un contesto di stile di vita coretto come può essere quello “mediterraneo” che riguarda non solo la dieta basata 

su tutti quegli alimenti antinfiammatori di cui abbiamo parlato fino ad ora ma anche altri aspetti come l’attività fisica, la frugalità, la convivialità, il riposo e la conoscenza del valore nutrizionale, sociale e culturale degli alimenti.

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