Comunicato di mercoledì 14 febbraio 2018
 

Premiare il cambiamento che mette al centro la meritocrazia. Nuovo, vero, significato di democrazia.

 

La lettera del presidente Luigi Scordamaglia al direttore de "Il Foglio" Claudio Cerasa in edicola il 14 Febbraio

Una fotografia in chiaroscuro: questa è forse la migliore descrizione dell’Italia di oggi.

Aziende e settori che vivono un momento di crescita oltre ogni previsione, a partire dal comparto agroalimentare, le cui esportazioni superano quest''anno la cifra record di oltre 41miliardi di euro, fino a quello manifatturiero, che fa registrare il suo record di produzione industriale, con investimenti superiori a qualsiasi altro paese UE.

Eppure, accanto al Paese delle eccellenze ce n’è un altro che sembra non reggere il ritmo, che vive nell’ombra della ripresa, rappresentato da aziende oppresse da una burocrazia asfissiante, dalla sottocapitalizzazione, condannate a un destino di progressivo isolamento competitivo, debole di una forza lavoro esclusa dagli strumenti dell’aggiornamento e della qualifica.

Nel frattempo assistiamo a un dibattito politico slegato dalla realtà, diviso tra i fautori del “nulla cambi” – nel minacciato timore di chissà quale rischioso salto nel buio – e di chi vorrebbe invece cancellare tutto, anche quanto di buono è stato fatto, solo perché fatto da altri.

E’ evidente che nessuna di queste può essere la soluzione.

E’ necessario che – finito il tempo dei proclama elettorali – chiunque sieda sullo scranno di Palazzo Chigi osi, tenendo quanto di buono è stato finora fatto, da chiunque sia stato fatto, avendo però al contempo il coraggio di agire sulle zavorre che inchiodano a terra un Paese che, senza, potrebbe volare. A cominciare da una burocrazia opprimente, che da decenni sopravvive, con sfacciata impunità, a governi che si alternano senza intaccarla.

Non è un sogno impossibile, se solo una maggioranza trasversale di illuminati, nella prossima legislatura, si risolvesse per una legge di vera riforma della pubblica amministrazione che sostituisse l’esercito di inamovibili burocrati con una nuova generazione di manager della “cosa pubblica”, di giovani preparati, capaci e motivati dal merito piuttosto che dal mantenimento di privilegi acquisiti con la moneta dell’eterno compromesso.

Questa l’unica strada possibile: rendere prioritaria la competenza e il merito.

Un principio universalmente elementare ma in Italia rivoluzionario.

Principio questo difficile da accettare da chi, parti sociali comprese, ha sempre preferito misurare verso il basso l’ambizione della tutela democratica , concedendola in maniera indiscriminata quale prova di uguaglianza, senza avere il coraggio di riconoscere che “uno non vale sempre uno”, e che bisogna tutelare anche chi corre meno, sì, senza però per questo rallentare chi fa correre davvero il Paese.