Dpcm, stretta su ristoranti e bar. Federalimentare: “Stavolta non si accettano pannicelli caldi. Ripagare con contributi sostanziosi i sacrifici che si stanno chiedendo ai ristoratori”
Comunicato Stampa 25 ottobre 2020
"La stretta che il governo sta imponendo per la seconda volta all''Horeca (bar, ristoranti ecc) è ancora più dolorosa della precedente: colpisce un settore portante che stava entrando a fatica nella fase della convalescenza dopo la stangata subita. È una misura al di sopra di quanto il settore può sostenere e che può rivelarsi letale. Stavolta, perciò, niente pannicelli caldi o misure insufficienti: per difendere il settore c''è bisogno di contributi importanti volti a proteggere i ristoratori e le loro attività" commenta così Ivano Vacondio quanto contenuto nel nuovo DPCM in relazione alla chiusura delle attività dedicate alla ristorazione alle 18. "Si sta chiedendo a questo settore un grande sacrificio per salvaguardare la salute di tutti, ma un impegno del genere ha bisogno di rassicurazioni che siano realmente compensative" afferma Vacondio, che aggiunge: "Per intenderci: gli aiuti inseriti nel dl agosto che prevedevano 600 milioni a fondo perduto erano già inadeguati prima, ora sarebbero un vero e proprio schiaffo. Ci vuole un ordine di grandezza tutto diverso: sappiamo la situazione della finanza pubblica, ma uno zero in più a quella cifra sarebbe auspicabile. Il rischio, altrimenti, è quello di dover fare i conti con l''impossibilità, da parte del settore, di riuscire a ripartire, con una contestuale penalizzazione per il rilancio complessivo del Paese". E continua: "Siamo consapevoli di chiedere alle istituzioni un grande sforzo ma siamo anche certi che esso rappresenti un "debito buono", un investimento dello Stato in un settore che negli ultimi anni è stato l''unico a far registrare il segno più tra i consumi alimentari interni". La questione Horeca si lega a tutta l''industria alimentare: senza i consumi relativi alla ristorazione, essa è destinata a indebolirsi ulteriormente. Le vendite alimentari sono già stagnanti in valore e ancor più in volume e il carrello della spesa si è già impoverito. L’80% degli italiani utilizza in modo più o meno abitudinario il fuori casa, per un fatturato pari a 80 miliardi di euro: siamo di fronte a un terzo di tutti i consumi alimentari del Paese ma anche al settore che veicola in maggiore misura le eccellenze e l''immagine del Made in Italy alimentare. “Il rischio vero, se non si interviene in modo adeguato – conclude Vacondio – è quello di rendere strutturale la crisi. È già avvenuto con quella del 2008: il Paese non può permettersi di scendere un altro scalino”.
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